Hermann Scherchen dimora in questo XX secolo musicale come una stella eccezionale, di primaria grandezza. Egli ha fecondato diversi compositori, interpreti, tecnici della musica e studiosi di acustica. Per non dire dei semplici spettatori che hanno imparato con lui ad ascoltare in maniera diversa.
La forza, la violenza, il genio del suo talento e del suo pensiero trascinavano le orchestre contro la loro volontà, il più delle volte, in una direzione totalmente nuova e di sensibilità estetica fine, forte, luminosa e assoluta come un tempio dorico dell'era arcaica.
La differenza dagli altri direttori di grande statura? Sta nel fatto che lui aggiungeva a tutto un tocco di anticonformismo, di diverso, di inesprimibile con le parole, naturalmente! E' in fondo la caratteristica suprema dell'essere umano, la personalità specifica dell'individuo, quella che fa e disfa le cose, la storia, è lei, la sua personalità che era responsabile di questo vento di creatività che egli suscitava negli autori, appena appariva.
Lo sguardo acuto dei suoi occhi grigio-azzurro, d'acciaio, come una meravigliosa presenza catalitica, metteva in movimento negli altri, le forze nascoste, molto al di sotto della coscienza pratica e quotidiana... Le forze dell'immaginazione, dell'amore per una cosa ben fatta, della sua bellezza e della sua rivelazione estetica, nascevano quasi involontariamente attraverso emanazioni incontrollate. Una vera maieutica.
Mi è rimasto impresso l'incidente straordinario che accadde negli anni '50, quando dirigeva l'orchestra Filarmonica della Radio, alla Salle Evrard a Parigi.
Dopo lo scandalo dei "Déserts" di Varèse che aveva suscitato al Teatro dei Champs Elysées, la direzione della produzione sinfonica d'allora lo aveva boicottato per vari anni.
Pertanto egli era stato ingaggiato, fate attenzione, non per un concerto pubblico, ma per una emissione radiodiffusa in diretta, dalla suddetta orchestra. All'epoca questa orchestra era piuttosto male in arnese, perché utilizzata per lasciarsi dirigere dal direttore di passaggio (in genere modesti musicisti sottomessi alla politica degli scambi culturali fra paesi)...
Dunque un'orchestra "prendi-tutto" e indisciplinata, frustrata nel suo orgoglio e ferita nella sua vanità.
In programma un pezzo di Darius Milhaud, "les offrandes oubliées" (le offerte dimenticate) di Olivier Messiaen e, per finire, la Settima di Beethoven. Dopo la prima prova uno degli orchestrali si mise a fumare e continuò, malgrado l'ingiunzione di Hermann Scherchen. Quest'ultimo, allora, abbandonò il podio e non ritornò! Alla seconda prova un altro musicista si mise ostentatamente a leggere il giornale. Hermann Scherchen di nuovo abbandonò il podio. All'esecuzione, in cui io ero presente col nostro comune amico Pierre Souvtchinsky e due o tre altre persone in tutto, io sentii all'attacco del primo pezzo, una elettricità ostile nell'aria. Ma, man mano che il concerto si svolgeva a porte chiuse, l'atmosfera da tesa e aggressiva, si trasformò, sotto la sua bacchetta, in una tensione artistica di qualità veramente superiore. La Settima fu eseguita con una tale foga e con una tale forza che alla fine l'intera orchestra si alzò in piedi e tutti insieme si mise ad applaudire questo mago della musica che era riuscito a trasformarli solo per mezzo della sua aura personale di grande artista (il tempo di un concerto!). Il suo fluido aveva vinto le mediocrità psicologiche inerenti all'insieme umana di un'orchestra e con la sua bacchetta le aveva trasformate. Ciascuno aveva ritrovato in fondo a se stesso ciò che egli era, un artista di alto livello.
Cera uno spirito, uno stile Scherchen che ho talvolta ritrovato nei suoi allievi o protetti, interpreti o compositori: Nono, Maderna, Izquierdo... Si riconosceva pure quest'anima in giovani in apparenza refrattari come lo era allora Pierre Boulez.
Era pure un mecenate e ha appoggiato o aiutato finanziariamente molte giovani promesse.
La sua curiosità, la sua sete di conoscenza erano così grandi che organizzava dei convegni internazionali di specialisti venuti dagli USA, dal Giappone, dall'Europa, da ogni parte, per dibattere (discutere) questioni sull'acustica, la medicina, l'informatica! Il denaro che guadagnava come direttore, lo dispensava, senza contarlo, in queste operazioni, uniche al mondo per l'epoca, col sostegno minimo dell'Unesco. Dopo la rivista MELOS che aveva fondato in Germania negli anni '20, creò i quaderni dei "Gravesaner Blatter" in cui pubblicare gli studi di coloro che avevano inventato o scoperto qualche cosa. I loro studi erano anch'essi finanziati mediante i suoi onorari personali.
Non aveva pure creato a sue spese una casa editrice di spartiti di giovani sconosciuti: l'Ars Viva Verlag?
Aveva anche voluto costruire nella sua fattoria a Gravesano un secondo laboratorio-sala da concerti, di tipo nuovo, incaricandomi di stabilire i piani d'architettura. Ahimè! la morte pose fine al suo sogno. Non restano che i sogni...
Fino alla fine della sua esistenza diresse con questa luminosità d'acciaio la musica d'avanguardia insieme alla musica classica, creando pezzi nuovi, instancabilmente, in programmi misti o monografici.
L'ultimo anno della sua vita fece una lunga tournée negli Stati Uniti, in Canada, dirigendo a memoria tutte le sinfonie di Anton Bruckner.
Questa tournée lo aveva terribilmente affaticato, tanto che poco dopo, all'indomani della composizione del mio 'Terrêtektorh" al Festival di Royan, io sentii un'angoscia mortale. Sentii che non lo avrei più visto e senza dubbio anche lui. Sul podio, qualche mese più tardi, al Maggio Fiorentino, crollò per sempre.
Mi auguro che questo manuale del direttore d'orchestra, vero trattato di giovinezza, trasmettere lo spirito dionisiaco e apollineo che lo abitava.
Iannis Xenakis
("Symphonia" N° 21 Anno III, novembre 1992"
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