In una vetrina del centro milanese campeggia un disco - registrato sotto la direzione dell'illustre maestro Franco Capuana, solista di eccezione il violinista Franco Gulli - con i due Concerti per violino ed orchestra di Alberto Curci.
Trattandosi di una delle novità discografiche della stagione, l'ho acquistato ripromettendomi un incontro con il violinista, anche perché, da tempo, mi ero ripromessa di chiedere a Gulli una intervista.
Ascoltando il disco mi sono resa conto che l'interpretazione dei due Concerti è veramente superba: la musica si presta a voli lirici ed è palese che è stata composta da un compositore per il quale il violino non ha segreti.
Questi Concerti rappresentano, per l'esecutore, una panoramica in cui il violino spazia tecnicamente e liricamente: il Concerto romantico, opera 21, era già stato eseguito tempo addietro mentre il Secondo, opera 30, è stato presentato per la prima volta nella stagione sinfonica 1962, al Teatro S. Carlo di Napoli, proprio da Franco Gulli.
Alberto Curci, Accademico di S. Cecilia e medaglia d'oro per meriti nella cultura e nell'arte, è stato un illustre violinista e pedagogo: è dunque ovvio che, dedicandosi alla composizione, abbia pensato allo strumento che gran parte ebbe nella sua vita.
Ho telefonato a Franco Gulli ed egli, con la cortesia che lo distingue, non ha esitato a concedermi l'intervista che gli chiedevo.
Quali problemi strumentali ha trovato studiando i due Concerti per violino scritti da un compositore violinista come Alberto Curci?
La prima impressione sulla musica di Alberto Curci 1'ho avuta avvicinandomi al «Secondo Concerto» per violino ed orchestra composto dal maestro in epoca piuttosto recente: è stata l'impressione di una vena di ispirazione estremamente ricca e scevra di qualsiasi problema situato al di fuori di questa ispirazione. Come strumentista ho trovato che poche composizioni sono state scritte negli ultimi anni tenendo in così grande considerazione le esigenze e le possibilità tecniche ed espressive del violino: è evidente che, per un violinista, l'esecuzione di questo Concerto rappresenta una gioia strumentistica piuttosto fuori del comune. Vorrei anche notare che Alberto Curci non si è limitato a curare in ogni particolare la parte solistica, bensì ha strumentato questo suo lavoro prediletto con rara maestria, senza indulgere a facili effetti ma con esemplare contenutezza. Nel corso della registrazione, guidata dal M° Franco Capuana, ho avuto modo di ammirare particolarmente l'equilibrio fra parte solistica ed accompagnamento orchestrale. Il primo Concerto - dal titolo programmatico di «Concerto romantico» - risale a molti anni addietro e rivela il profondo interesse e l'amore paterno che Alberto Curci nutre per i suoi allievi: è indubbio che il maestro abbia voluto con questa opera dare la possibilità ai discepoli, anche non troppo avanzati nello studio, di eseguire pubblicamente una composizione nella quale far rifulgere le loro qualità strumentali ed emotive senza ricorrere a composizioni i cui problemi di tecnica e di fraseggio fossero superiori alle possibilità da loro raggiunte dopo qualche anno di studi e non ancora completate. Personalmente ho provato un particolare piacere nello studio e nella esecuzione del 1° tempo di questo «Concerto romantico» che, mi sembra, l'autore abbia voluto ricollegare alla grande tradizione dei Vieuxtemps e dei Wieniawski: credo di poter affermare che non esiste nella letteratura violinistica dei nostri tempi un pezzo che possa offrire insospettate possibilità di comunicativa per una giovane speranza del violino.
Lei ha inciso due Concerti di Alberto Curci: in quale dei due la sua musicalità ha trovato maggiore sfogo?
Come ho già fatto notare, ho provato una vera gioia strumentale a interpretare sia il primo che il secondo Concerto, sebbene per l'ascoltatore del disco apparirà evidente che nel secondo il Maestro Curci ha raggiunto una completezza compositiva ancora maggiore senza rinunciare, peraltro, alla schiettezza ispirativa legata indissolubilmente alla sua terra.
Quali ricordi le sono rimasti dal rapporto umano con Alberto Curci?
Ho conosciuto Alberto Curci in occasione di un mio «recital›› per l'Associazione Alessandro Scarlatti a Napoli e le sue parole di plauso, dettate da una affettuosa sincerità, mi avevano profondamente commosso: Alberto Curci è uno dei più insigni pedagoghi del violino che possa vantare l'Italia, un uomo che è stato amico di moltissimi fra i più grandi virtuosi di questo strumento, un benemerito della nostra arte per aver introdotto in Italia, con personale sacrificio, i fondamentali volumi di Carl Flesch e, soprattutto, per aver formato una eletta schiera di discepoli. Anche per queste ragioni mi ha particolarmente onorato l'invito che egli mi fece, a suo tempo, per la prima esecuzione, al San Carlo di Napoli, del suo «Secondo Concerto» e la sua successiva proposta di registrare su disco entrambi i Concerti.
Lei ha citato i volumi di Carl Flesch e, a proposito dell'attività editoriale del M° Alberto Curci, mi consta che le Edizioni Curci sono fra le più aggiornate nel campo della musica classica: è del mio stesso parere?
Condivido pienamente la sua opinione. Dobbiamo, infatti, alle Edizioni Curci alcune delle più spettacolose iniziative editoriali in questo campo: a questo proposito basti ricordare la insostituibile edizione delle «Sonate» di Beethoven, per pianoforte, a cura di uno dei più insigni musicisti della nostra epoca: Artur Schnabel. Con personale gioia ed interesse ho salutato inoltre l'apparizione del «Concerto in re magg. op. 61» per violino ed orchestra di Beethoven nella revisione di quel sommo artista del violino che è Joseph Szigeti. Potrebbero bastare le opere che ho citato perché ogni musicista fosse estremamente grato alle Edizioni Curci.
Oltre alla musica, si interessa di altre forme d'arte?
Sì: credo che non si possa prescindere da tutto ciò che fa parte del mondo dell'arte quando si esplica una attività di un determinato rango in questo mondo.
Che autori preferisce leggere?
Classici e contemporanei: è una domanda alquanto complessa alla quale è un po' problematico rispondere spaziando, i miei interessi letterari, dai classici alla moderna produzione italiana e straniera. Disgraziatamente il tempo, come ognuno sa, è terribilmente limitato ma se devo proprio indicare una preferenza penso che fra gli autori dai quali si possa trarre beneficio spirituale uno dei primissimi posti è attualmente occupato da Goethe.
Quale pittura preferisce e perché?
A questa domanda potrei rispondere come ho fatto per la precedente: se Pier della Francesca mi lascia un senso di serenità e di grandiosità spirituale, come, ad esempio, la musica di Gabrieli, mi interesso con particolare fervore alle molteplici tendenze dell'arte contemporanea, prediligendo soprattutto Paul Klee nella pittura e Brancusi nella scultura.
Lei ha un duo con sua moglie, Enrica Cavallo, e fa parte, assieme a Bruno Giuranna e a Giacinto Caramia, del «Trio Italiano d'Archi»: quali programmi ha per il prossimo futuro?
Oltre alla mia attività solistica, ho sempre avuto un grande interesse per la musica da camera: da molti anni, infatti, io e mia moglie curiamo con entusiasmo il repertorio sonatistico come duo di violino e pianoforte. A questo riguardo preciso, anzi, che, oltre al repertorio classico e romantico, abbiamo avuto occasione di presentare per la prima volta in Italia molte Sonate di autori contemporanei quali Prokofief, Hindemith, Strawinsky. Da qualche anno, poi, il «Trio Italiano d'Archi», del quale faccio parte, svolge una notevole attività con un repertorio non molto esteso ma di straordinaria bellezza: basti ricordare, per esempio, il celestiale «Divertimento in mi bemolle maggiore»› di Mozart.
Lei ha mai insegnato?
Ho avuto qualche allievo parecchi anni fa ma non ho mai potuto dedicarmi molto all'insegnamento per la molteplicità dei miei impegni e conseguenti viaggi: devo dire, però, che la cosa mi interessa molto, specialmente se si ha la fortuna di insegnare ad allievi con i quali si possa anche discutere degli infiniti problemi riguardanti la musica ed il nostro strumento. Lei può immaginare dunque, quanto piacere mi abbia procurato l'onorifico invito del Conte Guido Chigi Saracini a tenere, nella prossima estate, nella sua Accademia Chigiana di Siena il corso di perfezionamento di violino.
Preferisce impostare un giovane o perfezionarlo?
E' una domanda alla quale mi è terribilmente difficile rispondere in quanto, fino ad ora, non ho mai avuto occasione di avere come allievo un principiante.
La natura ha dotato Franco Gulli di una personalità fisica notevole: egli, infatti, desta immediata simpatia per il suo sguardo leale e per la finezza dei modi. Quando, poi, prende tra le mani il suo splendido Guadagnini per farne scaturire note purissime e suono sempre limpido ed avvincente, ci troviamo di fronte ad un quadro perfetto. Si può dire che il violinista triestino è veramente un privilegiato dalla sorte perché lo amalgama tra la sua persona e lo strumento è perfetto: questo è confermato dalla straordinaria facilità con la quale esegue qualsiasi composizione spaziando egli dalle interpretazioni di musica antica a quelle di musica contemporanea attraverso il classicismo ed il romanticismo.
Termino il mio «incontro» con le parole che il critico del più autorevole quotidiano milanese ha scritto per recensire l'esecuzione del Concerto di Beethoven fatta da Gulli all'Angelicum: «Franco Gulli è ormai nel pieno della maturità ed è da classificarsi violinista degno di competere con i maggiori esponenti del concertismo internazionale».
Jolanda D'Annibale
("Rassegna Musicale Curci", anno XVIII n. 1 marzo 1964)
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