Terzo Programma Rai |
Il Terzo Programma, che inizierà le sue trasmissioni a partire dal 1° ottobre 1950, sarà diffuso dalle 21 alle 23,15 circa dalle stazioni a modulazione di frequenza di Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma, Torino, Venezia e dalle stazioni a onda corta di Roma.
Se si considera la storia della radiodiffusione nelle sue linee essenziali, si disegnano a tutt'oggi tre momenti fondamentali di cui l'ultimo viene sorgendo sotto i nostri occhi proprio in questi anni.
Createsi le condizioni organizzative e tecniche della diffusione e quelle tecniche della ricezione, la radio si pose come fatto così nuovo e senza precedenti che visse i suoi primi anni quasi non altrimenti che come meraviglioso giocattolo, come magica scatola che sapeva trasportarci ovunque nel mondo al calar della notte. Chi non s’affidava allora con sempre rinnovato stupore al tappeto incantato, quasi emerso dalla favola, per trasvolare la notte dai velluti e dagli ori del primo teatro del mondo - sonoro come un oscuro alveare posato sulla riva di via Manzoni - al locale di Budapest a specchio del Danubio; dal misterioso pulsare del metronomo che segnava i silenzi di Radio Vienna e lasciava trasparire, come attraverso un retino tipografico, l'immagine notturna dell'agonizzante capitale di un mondo disfatto della prima guerra del nostro secolo, ai rintocchi solenni della torre di Westminster che recavano sul loro suono in ogni casa d’Europa quella del fiume, delle strade e dei giardini di Londra?
I programmi di quel tempo tendevano ad essere cosiffatti da intrattenere ognuno, da lasciarsi ascoltare indifferentemente in ogni casa ove fosse accesa una radio.
Se pure, per molto tempo da allora, il semplice fatto dell'ascolto recasse con se il magico fascino delle lontananze valicate, presto la radiodiffusione acquisì la coscienza della propria missione E si definì un modo di comporre e distribuire i programmi che, attraverso assestamenti di non essenziale rilievo, sussiste tuttora. Un modo che derivò dal dato di fatto reale ed inequivocabile che la radio è strumento destinato a tutti e pertanto ha il compito di fornire un complesso di prestazioni rivolte e adeguate alle esigenze dell'intera gamma dei gusti e delle predilezioni, delle attitudini e della cultura degli ascoltatori. Fu e rimane il metodo di programmazione che potrebbe definirsi di trasmissioni differenziate in un programma indifferenziato; il cui obbiettivo consiste nella composizione di una somma equilibrata ed armonica di elementi di genere diversissimo e tale pertanto da soddisfare, singolarmente prese, le esigenze di tutti gli ascoltatori.
Createsi le condizioni organizzative e tecniche della diffusione e quelle tecniche della ricezione, la radio si pose come fatto così nuovo e senza precedenti che visse i suoi primi anni quasi non altrimenti che come meraviglioso giocattolo, come magica scatola che sapeva trasportarci ovunque nel mondo al calar della notte. Chi non s’affidava allora con sempre rinnovato stupore al tappeto incantato, quasi emerso dalla favola, per trasvolare la notte dai velluti e dagli ori del primo teatro del mondo - sonoro come un oscuro alveare posato sulla riva di via Manzoni - al locale di Budapest a specchio del Danubio; dal misterioso pulsare del metronomo che segnava i silenzi di Radio Vienna e lasciava trasparire, come attraverso un retino tipografico, l'immagine notturna dell'agonizzante capitale di un mondo disfatto della prima guerra del nostro secolo, ai rintocchi solenni della torre di Westminster che recavano sul loro suono in ogni casa d’Europa quella del fiume, delle strade e dei giardini di Londra?
I programmi di quel tempo tendevano ad essere cosiffatti da intrattenere ognuno, da lasciarsi ascoltare indifferentemente in ogni casa ove fosse accesa una radio.
Se pure, per molto tempo da allora, il semplice fatto dell'ascolto recasse con se il magico fascino delle lontananze valicate, presto la radiodiffusione acquisì la coscienza della propria missione E si definì un modo di comporre e distribuire i programmi che, attraverso assestamenti di non essenziale rilievo, sussiste tuttora. Un modo che derivò dal dato di fatto reale ed inequivocabile che la radio è strumento destinato a tutti e pertanto ha il compito di fornire un complesso di prestazioni rivolte e adeguate alle esigenze dell'intera gamma dei gusti e delle predilezioni, delle attitudini e della cultura degli ascoltatori. Fu e rimane il metodo di programmazione che potrebbe definirsi di trasmissioni differenziate in un programma indifferenziato; il cui obbiettivo consiste nella composizione di una somma equilibrata ed armonica di elementi di genere diversissimo e tale pertanto da soddisfare, singolarmente prese, le esigenze di tutti gli ascoltatori.
Ne risulta un programma entro cui questi ultimi devono operare una scelta. Per la sua necessaria ed equamente distributiva costituzione, è un programma nel quale nessuno dovrebbe, in linea di principio, lamentare l'esistenza di trasmissioni non gradite. Il concerto sinfonico oggi e la rivista domani diffusi alla stessa ora, proprio col loro attrarre e insieme respingere rispettivamente due grandi gruppi di ascoltatori, caratterizzano questo metodo di programmazione che fornisce un programma rivolto a tutti, ma composto proprio per ciò di elementi che nel loro succedersi producono un generarsi contemporaneo di interessi, di repulsioni, di indifferenze.
L'originario concetto, ed esattissimo, della collettiva destinazione del programma radiofonico dovette incidere così fortemente nell’animo di coloro che da più di un ventennio lavorano per la radio e ogni giorno ne considerano i problemi, che la prassi delle trasmissioni differenziate in un programma indifferenziato rimase immutata.
Cosicché, mentre sotto ogni aspetto la produzione radiofonica veniva perfezionandosi, il metodo di programmazione non si modificava, pur essendo sensibile una sua fondamentale segreta deficienza: l'indifferenziazione dei programmi.
L'originario concetto, ed esattissimo, della collettiva destinazione del programma radiofonico dovette incidere così fortemente nell’animo di coloro che da più di un ventennio lavorano per la radio e ogni giorno ne considerano i problemi, che la prassi delle trasmissioni differenziate in un programma indifferenziato rimase immutata.
Cosicché, mentre sotto ogni aspetto la produzione radiofonica veniva perfezionandosi, il metodo di programmazione non si modificava, pur essendo sensibile una sua fondamentale segreta deficienza: l'indifferenziazione dei programmi.
E' fenomeno caratteristico degli eventi profondamente nuovi e di grande incidenza sulla vita dell’uomo di subire una sorta di arresto, che si prolunga, per un certo tempo, dopo la loro comparsa. Ed è probabile che l’avvento della radiodiffusione sia soggiaciuto a ciò. Va però considerato del pari il fatto che l'estendersi dell'suo della radio come strumento di svago e di cultura, l'esser divenuta la radio una sorta di necessario strumento per l'uomo è fenomeno relativamente recente. E questo fatto proprio, il fatto cioè dell'ormai sempre più radicata presenza della radio nella vita dell’uomo, reca implicito che lo strumento che essa è, venga a corrispondere, nel modo migliore e più continuativo, a quanto possano chiedervi coloro che se ne valgono.
Non solo allora, per una spinta interna e naturale di evoluzione, ma anche per uno stimolo esterno tendente ad adeguarla alle esigenze del servizio che essa adempie, la radio si è affacciata ad una svolta del suo cammino. Una svolta di estrema importanza e la prima, forse, veramente decisiva dal giorno della sua comparsa.
Il passo che la radio si accinge a compiere, in questi anni successivi all'ultima guerra, consiste nell'affiancare alla prassi della programmazione indifferenziata quella della programmazione differenziata, tendente cioè ad operare una vasta, sia pur sommaria, ma fondamentale selezione nella folla degli ascoltatori. Non è difficile determinare il percorso di questa immaginaria frontiera e la spartizione che essa viene ad operare tra gli ascoltatori: raggrupparli sulla base di due fondamentali esigenze. Da un lato quelle di coloro che chiedono alla radio un puro, facile svago che non impegni se non al minimo l'attenzione. Dall'altro quelle di coloro che, per naturale tendenza o per acquisita attitudine, non solo sono disposti ad ascoltare, ma anche esigono programmi che richiedono, in vario grado, un'attenzione impegnata, Ed ecco raccogliersi, da un lato, le trasmissioni cosiddette leggere, dall’altro, quelle cosiddette serie o culturali.
L`avvio verso un tipo differenziato di programmazione ha avuto la sua prima realizzazione in Inghilterra dove, qualche anno fa, il complesso dei programmi irradiati dalla BBC si suddivise in tre distinti settori: leggero, culturale (e cioè i due termini della differenziazione) e medio, conservante il carattere indifferenziato di prima.
Questa riforma dei programmi attuata dalla BBC non fu un atto fortuito e arbitrario, un lusso insomma ed un capriccio di una grande organizzazione radiofonica. Ma fu per contro uno dei primi passi verso un nuovo indirizzo sul metodo di programmazione che rispondeva ad una situazione ormai divenuta matura.
Questa riforma poneva in essere un evidente vantaggio nei confronti degli ascoltatori: essi venivano così a disporre simultaneamente di due programmi differenziati e specializzati, uno serio ed uno leggero, per tutta la durata delle ore di trasmissione. Si determinava anche un sensibile vantaggio nei confronti delle trasmissioni serie o culturali considerate nel loro valore assoluto. ln questo senso: che il trasferimento di tali trasmissioni da un programma indifferenziato ad un programma speciale rendeva possibile ed agevole un loro intrinseco, sostanziale miglioramento in seno ad un programma indifferenziato una trasmissione seria o culturale finisce sempre col soggiacere a limitazioni derivanti dalla preoccupazione di quella generica, collettiva tollerabilità su cui si fonda il criterio della indifferenziazione. Confini che ovviamente ed istintivamente si stabiliscono sempre su di una quota alquanto più bassa, non solo delle rarefatte punte di più difficile ascolto, ma di una stessa media elevata.
Che il fenomeno ora descritto sia apparso ad un certo momento - e cioè nell'immediato ultimo dopoguerra - come una realtà di cui bisognava tener conto, lo prova il sorgere di iniziative tendenti a creare delle zone di ascolto, chiaramente circoscritte ed esplicitamente denunciate agli ascoltatori, entro le quali si agiva con la massima libertà verso punte più difficili e meno accostanti. ln regime di programmazione indifferenziata questa soluzione liberava parzialmente le trasmissioni serie dal vincolo di coesistenza e quindi di tendenziale livellamento versa il meno difficile. Non occorre ricordare le varie iniziative attuate in questo senso dalla Radio Italiana, tra cui la più notevole fu quella del Teatro dell'usignolo prima e dei Notturni dell'usignolo in seguito. Vere zone di ascolto specializzate e primo passo verso una differenziazione dei programmi. tesi come sono da ricordare le trasmissioni del Club d’essai messe in onda dalla Radiodiffusion Française.
Dicevo poc'anzi che la tendenza alla differenziazione dei programmi non deve essere considerata un fenomeno casuale e arbitrario, che avrebbe potuto indifferentemente determinarsi o non determinarsi.
Qui si sommano e si compenetrano due fattori interdipendenti.
L’uno, consistente nel fatto che la radio ha acquisito, negli ultimi anni, una presenza sempre più viva nella vita dell’uomo: dal che deriva che l’uomo è indotto a richiedere ad essa dei "servizi" meno
generici e più adeguati alle proprie intime esigenze.
L'altro consistente in questa precisa realtà: che il fatto culturale, inteso nel suo significato più comprensivo, batte alla porta dello spirito dell'uomo e in particolar modo dell’uomo occidentale. Se la condizione umana quale oggi sussiste (comunque e da qualsivoglia causa o complesso di cause provocata) può indurre ad un disperato e spensierato rifuggire dai problemi, ad un "lasciarsi vivere" piuttosto che a "vivere", questa condizione umana induce anche, oppostamente, a guardare nella vita, a interrogarla, ad affidarsi a quelle risposte che nella fuga dei secoli i grandi spiriti hanno dato ed eternato nelle loro opere e a quelle altre che, nel nostro tempo, si sforzano di dare artisti, pensatori e scienziati.
Quell'atteggiamento letterario del nostro tempo (ma non solo letterario, s’intende) che i francesi hanno battezzato "littérature engagée", letteratura impegnata, agganciata alla vita, non è forse il passo del letterato verso l’uomo vivente cui risponde, all'opposta riva, il passo dell’uomo verso la cultura?
La stessa diffusione di pubblicazioni che somministrano la cultura in pillole attraverso innumerevoli opuscoli, pur rivestendo il carattere indubbiamente di comoda, facile, veloce lettura, rimane un sintomo innegabile e non trascurabile dell’attrazione che oggi la cultura esercita sull'uomo.
ln seno al più esteso fenomeno della differenziazione dei programmi (che riveste uno spiccato carattere di tecnica di programmazione radiofonica) il nascere dei terzi programmi e gli stessi loro preannunci, costituiscono la risposta della radio all’esigenza di cultura propria dell'uomo contemporaneo.
Il Terzo Programma italiano - che inizierà la sua attività il 1° ottobre prossimo - rappresenta il passo decisivo della Radio Italiana verso la differenziazione dei programmi. Riforma che non più essere integralmente affrontata se non al verificarsi di quelle condizioni tecniche di massimo ascolto, sulla gamma di onde medie assegnate all’Italia dalla Conferenza di Copenaghen, che si verificheranno allorché sarà ultimato il piano di installazione di nuovi trasmettitori, oggi in via di realizzazione e prossimo ad essere totalmente attuato.
La comparsa del Terzo Programma riveste una singolare importanza ai fini dell'attività radiofonica italiana non solo in tal senso, ma nel senso pure di tradurre in atto con adeguata larghezza di mezzi quella ferma volontà di inserirsi fattivamente nella vita culturale che, fino ad oggi, trovava un naturale e giusto ostacolo nell’impostazione indifferenziata dei programmi. ln entrambi i sensi poi quest'avvenimento sembra testimoniare una situazione di vitalità della radiofonia italiana in seno alla famiglia radiofonica europea e, più estesamente, nei confronti delle più presumibili esigenze degli ascoltatori.
Due articoli di Salvino Sernesi, comparsi sul Radiocorriere (25-3l dicembre l949 e l8-24 giugno l950) hanno indicato rispettivamente: il primo, alcuni lineamenti del Terzo Programma italiano e la strada sulla quale esso si sarebbe avviato; il secondo, il punto a cui si era giunti dopo i primi sei mesi di studio e di lavoro. Tra l’uno e l‘altro di questi articoli uscirono, sul Radiocorriere e su alcune riviste e giornali, scritti di vari rappresentanti della Cultura italiana, i quali, nella diversità dei punti di vista che rispecchiavano, ci confermarono in quei criteri che erano parsi più validi fin da quando si era cominciato concretamente a pensare al Terzo Programma. Punti di vista diversi, ed anche contrastanti, che non parevano perdere tuttavia nulla del loro valore facendoli coesistere in quella cospicua somma di materiale - e cioè di "programmi" - quale risulta, ad esempio, dal piano di un solo trimestre di questo Terzo Programma.
ln realtà, il primo articolo del Direttore Generale della Radio Italiana aveva individuato, sia pure attraverso brevissimi accenni, le linee fondamentali sulla cui traccia, in seguito, parve opportuno procedere.
E le risposte a quell’invito alla discussione furono una riprova abbastanza confortante che v'erano buone e concrete ragioni per seguire quella rotta.
La comparsa del Terzo Programma riveste una singolare importanza ai fini dell'attività radiofonica italiana non solo in tal senso, ma nel senso pure di tradurre in atto con adeguata larghezza di mezzi quella ferma volontà di inserirsi fattivamente nella vita culturale che, fino ad oggi, trovava un naturale e giusto ostacolo nell’impostazione indifferenziata dei programmi. ln entrambi i sensi poi quest'avvenimento sembra testimoniare una situazione di vitalità della radiofonia italiana in seno alla famiglia radiofonica europea e, più estesamente, nei confronti delle più presumibili esigenze degli ascoltatori.
Due articoli di Salvino Sernesi, comparsi sul Radiocorriere (25-3l dicembre l949 e l8-24 giugno l950) hanno indicato rispettivamente: il primo, alcuni lineamenti del Terzo Programma italiano e la strada sulla quale esso si sarebbe avviato; il secondo, il punto a cui si era giunti dopo i primi sei mesi di studio e di lavoro. Tra l’uno e l‘altro di questi articoli uscirono, sul Radiocorriere e su alcune riviste e giornali, scritti di vari rappresentanti della Cultura italiana, i quali, nella diversità dei punti di vista che rispecchiavano, ci confermarono in quei criteri che erano parsi più validi fin da quando si era cominciato concretamente a pensare al Terzo Programma. Punti di vista diversi, ed anche contrastanti, che non parevano perdere tuttavia nulla del loro valore facendoli coesistere in quella cospicua somma di materiale - e cioè di "programmi" - quale risulta, ad esempio, dal piano di un solo trimestre di questo Terzo Programma.
ln realtà, il primo articolo del Direttore Generale della Radio Italiana aveva individuato, sia pure attraverso brevissimi accenni, le linee fondamentali sulla cui traccia, in seguito, parve opportuno procedere.
E le risposte a quell’invito alla discussione furono una riprova abbastanza confortante che v'erano buone e concrete ragioni per seguire quella rotta.
Terzo Programma: programma culturale. Questa specificazione, pur nella sua apparente genericità, è quella che meglio di ogni altra ne definisce le caratteristiche. A condizione, beninteso, che si assuma il termine "cultura" nel suo senso più vivo e reale di espressione della vita spirituale ed anche, estendendone alquanto l’accezione, di riflesso vivente e sensibile della problematica in cui l’uomo d’oggi esiste, lotta e si sviluppa. Sarebbe ingenuo segnare delle frontiere da non attraversare, delle zone proibite da non violare quando ben si conosce quanto sia umano e talora inevitabile andar fuori del segno.
E' ovvio che nel dire "cultura" nel senso espresso poc'anzi si è inteso evitare di identificarla con la pura erudizione che è, essenzialmente, presupposto e strumento di cultura, e che come tale non può essere l'oggetto fondamentale di una sede aperta sulla collettività come è la radio.
Posta questa esigenza di ordine generale, a cui si è cercato e si cercherà di mantenersi fedeli con ogni sforzo e con ogni mezzo, occorre rapidamente accennare ai criteri seguiti nella formulazione dei programmi.
Fra tutti essenziale - e in derivazione diretta dal concerto di cultura cui or ora si accennava - è valso il principio di mettere l'ascoltatore, in occasione di ogni singolo "numero" del programma, di fronte ad una più o meno estesa prospettiva culturale e non mai (nei ragionevoli limiti del possibile) di fronte ad un fatto estetico, morale, economico, sociale concluso in se stesso e cioè avulso da una catena di antecedenti e di conseguenti, dall’ambiente storico o artistico circostante. Nel tradurre in concrete simile criterio si è cercato di operare con gli accorgimenti più diversi e, in molti casi, facendo leva sul
"mezzo" radiofonico che parve offrirsi come strumento assai ricco di risorse; evitando nel contempo la via tanto semplice quanto, a nostro avviso, meno efficace del commento illustrativo.
Ed ecco delinearsi un primo criterio, largamente adottato: la disposizione ciclica della materia. Eccetto casi e circostanze particolari, i cicli sono stati composti e disposti in modo che i loro singoli elementi avessero una sufficiente e compiuta ragion d’essere; e simile disposizione ha consentito di proiettare ogni parte costitutiva del ciclo su di una superiore, più estesa e più: comprensiva unità.
E' ovvio che nel dire "cultura" nel senso espresso poc'anzi si è inteso evitare di identificarla con la pura erudizione che è, essenzialmente, presupposto e strumento di cultura, e che come tale non può essere l'oggetto fondamentale di una sede aperta sulla collettività come è la radio.
Posta questa esigenza di ordine generale, a cui si è cercato e si cercherà di mantenersi fedeli con ogni sforzo e con ogni mezzo, occorre rapidamente accennare ai criteri seguiti nella formulazione dei programmi.
Fra tutti essenziale - e in derivazione diretta dal concerto di cultura cui or ora si accennava - è valso il principio di mettere l'ascoltatore, in occasione di ogni singolo "numero" del programma, di fronte ad una più o meno estesa prospettiva culturale e non mai (nei ragionevoli limiti del possibile) di fronte ad un fatto estetico, morale, economico, sociale concluso in se stesso e cioè avulso da una catena di antecedenti e di conseguenti, dall’ambiente storico o artistico circostante. Nel tradurre in concrete simile criterio si è cercato di operare con gli accorgimenti più diversi e, in molti casi, facendo leva sul
"mezzo" radiofonico che parve offrirsi come strumento assai ricco di risorse; evitando nel contempo la via tanto semplice quanto, a nostro avviso, meno efficace del commento illustrativo.
Ed ecco delinearsi un primo criterio, largamente adottato: la disposizione ciclica della materia. Eccetto casi e circostanze particolari, i cicli sono stati composti e disposti in modo che i loro singoli elementi avessero una sufficiente e compiuta ragion d’essere; e simile disposizione ha consentito di proiettare ogni parte costitutiva del ciclo su di una superiore, più estesa e più: comprensiva unità.
Un secondo criterio e costituito - a proposito degli Omaggi, dei Ritratti e delle Confessioni e colloqui - dal collocare le personalità o gli aspetti delle personalità presi in esame, entro l'angolo visuale più ampio che il soggetto posse consentire, con l'intervento, all'occorrenza, di più collaboratori ad una stessa trasmissione. Anche qui, nel limiti del possibile, evitando indicazioni dirette o comunque troppo esplicite e operando con un gioco di elementi convergenti che suggeriscano all’ascoltatore più che non gli dicano, lo instradino più che non lo conducano. E potranno entrare in gioco accorgimenti propri del mezza radiofonico.
Per indicare un esempio: la vivezza dell’incontrarsi, dell'incrociarsi e dell’integrarsi dei ricordi su Pirandello, che sorgeranno intorno al microfono dalla viva voce d'un gruppo di amici del Maestro, dovrebbe dare un risultato di testimonianza e di illuminazione della sua personalità forse non ripetibile in altra sede che non sia la radio. Un risultato che dovrebbe ripercuotersi come una suggestione e come un complesso di dati integrativi sulla trasmissione Omaggio a Pirandello di cui queste testimonianze costituiscono un elemento.
Un terzo criterio - pensato in funzione di creare molteplici valenze culturali attorno alle singole componenti di un programma e di conseguenza un largo e ricco gioco prospettico - trova la sua applicazione nelle Serate a soggetto. ln esse l'intero complesso delle trasmissioni di una serata, nella quale possono concorrere testi musicali, teatrali, narrativi, gravita intorno ad un soggetto che potrà essere di volta in volta una personalità artistica (Gide, Clair, Schumann), un mito (Orfeo), una città come espressione di culture e di civiltà (Vienna, mondo di ieri), un traguardo storico-culturale (Parigi, l830) e via dicendo. ln questo caso il mezzo radiofonico potrà giocare attraverso un vero e proprie "montaggio" o anche semplicemente attraverso l'accostamento dei testi collocati ad integrarsi o a reagire a vicenda.
Formule meno esplicite e meno complesse delle Serate a soggetto, ma sempre giocate sull'accostamento di testi tra di loro in qualche modo affini, sono state assunte quale altro frequente criterio di composizione del programma ovunque se ne presentasse l'occasione.
Per indicare un esempio: la vivezza dell’incontrarsi, dell'incrociarsi e dell’integrarsi dei ricordi su Pirandello, che sorgeranno intorno al microfono dalla viva voce d'un gruppo di amici del Maestro, dovrebbe dare un risultato di testimonianza e di illuminazione della sua personalità forse non ripetibile in altra sede che non sia la radio. Un risultato che dovrebbe ripercuotersi come una suggestione e come un complesso di dati integrativi sulla trasmissione Omaggio a Pirandello di cui queste testimonianze costituiscono un elemento.
Un terzo criterio - pensato in funzione di creare molteplici valenze culturali attorno alle singole componenti di un programma e di conseguenza un largo e ricco gioco prospettico - trova la sua applicazione nelle Serate a soggetto. ln esse l'intero complesso delle trasmissioni di una serata, nella quale possono concorrere testi musicali, teatrali, narrativi, gravita intorno ad un soggetto che potrà essere di volta in volta una personalità artistica (Gide, Clair, Schumann), un mito (Orfeo), una città come espressione di culture e di civiltà (Vienna, mondo di ieri), un traguardo storico-culturale (Parigi, l830) e via dicendo. ln questo caso il mezzo radiofonico potrà giocare attraverso un vero e proprie "montaggio" o anche semplicemente attraverso l'accostamento dei testi collocati ad integrarsi o a reagire a vicenda.
Formule meno esplicite e meno complesse delle Serate a soggetto, ma sempre giocate sull'accostamento di testi tra di loro in qualche modo affini, sono state assunte quale altro frequente criterio di composizione del programma ovunque se ne presentasse l'occasione.
Il concetto di cultura quale si é inteso dovesse valere a insegna del Terzo Programma e quale si è poc'anzi indicato va al di là di quella che potrebbe chiamarsi "cultura umanistica" e si estende includendo l'impostazione e la trattazione dei molteplici problemi di cosiddetta attualità che toccano da vicino l'uomo contemporaneo. ln essi, anche quando la cronaca sembra agire più scopertamente, vi è sempre un aspetto o una faccia in cui il dato pratico e contingente si incontra con un motivo ideale, con un valore umano che li fa assurgere a quel piano di interessi spirituali da cui il Terzo Programma non vuole estraniarsi, pena un isolamento della vita, un distacco dalla realtà che potrebbero infirmarlo alle sue stesse basi. ln questo senso è stato studiato un complesso di rubriche, pressochè tutte concepite secondo diversi tipi di formulazioni radiofoniche.
Il Terzo Programma d’altra parte, pur col suo forte aggancio a quei problemi di attualità politica, sociale, economica che gli consentono di poggiare e di radicarsi nel vivo della vita contemporanea, dovrà essere estraneo alla cronaca e al minuto contingente svolgersi degli avvenimenti: per questa ragione, che pertiene alla sua più tipica fisionomia, esso non ospita alcuna forma di Giornale radio durante le sue trasmissioni. Solo programma riferibile al Giornale radio, e ricorrente una volta alla settimana, è l’Avvenimento della settimana, sorta di articolo di fondo che prende le mosse dall'evento più rilevante dei sette giorni che precedono la sua trasmissione.
E' noto, infine, come i programmi della Rete Rossa e della Rete Azzurra vengano distribuiti nel corso della settimana secondo uno schema fisso determinato dal carattere complementare delle due reti e della conseguente necessità di evitare che lo stesso genere di trasmissione possa cadere contemporaneamente sull'una e sull'altra rete.
Il carattere nettamente differenziato del Terzo Programma dai programmi della Rete Rossa e della Rene Azzurra consente una sua quasi assoluta autonomia. Ma questa autonomia e questo essere svincolato da uno schema fisso è soprattutto una necessità per il nuovo programma, Solo infatti una completa libertà di movimenti nella disposizione della materia può permettere un lavoro di "impaginazione" delle serate secondo i criteri più innanzi illustrati.
L'esperienza radicalmente nuova consistente nel dar vita a questo Terzo Programma non può non accompagnarsi ad una certa inevitabile percentuale di incognite che sarebbe ingenuo non attendersi.
La meèa di un’attività quale è quella che oggi si inizia, e cioè il tradursi in atto di un complesso molto esteso di proponimenti, e lontana e i primi mesi di realizzazioni ci diranno se e come la rotta prevista dovrà essere modificata.
Il Terzo Programma d’altra parte, pur col suo forte aggancio a quei problemi di attualità politica, sociale, economica che gli consentono di poggiare e di radicarsi nel vivo della vita contemporanea, dovrà essere estraneo alla cronaca e al minuto contingente svolgersi degli avvenimenti: per questa ragione, che pertiene alla sua più tipica fisionomia, esso non ospita alcuna forma di Giornale radio durante le sue trasmissioni. Solo programma riferibile al Giornale radio, e ricorrente una volta alla settimana, è l’Avvenimento della settimana, sorta di articolo di fondo che prende le mosse dall'evento più rilevante dei sette giorni che precedono la sua trasmissione.
E' noto, infine, come i programmi della Rete Rossa e della Rete Azzurra vengano distribuiti nel corso della settimana secondo uno schema fisso determinato dal carattere complementare delle due reti e della conseguente necessità di evitare che lo stesso genere di trasmissione possa cadere contemporaneamente sull'una e sull'altra rete.
Il carattere nettamente differenziato del Terzo Programma dai programmi della Rete Rossa e della Rene Azzurra consente una sua quasi assoluta autonomia. Ma questa autonomia e questo essere svincolato da uno schema fisso è soprattutto una necessità per il nuovo programma, Solo infatti una completa libertà di movimenti nella disposizione della materia può permettere un lavoro di "impaginazione" delle serate secondo i criteri più innanzi illustrati.
L'esperienza radicalmente nuova consistente nel dar vita a questo Terzo Programma non può non accompagnarsi ad una certa inevitabile percentuale di incognite che sarebbe ingenuo non attendersi.
La meèa di un’attività quale è quella che oggi si inizia, e cioè il tradursi in atto di un complesso molto esteso di proponimenti, e lontana e i primi mesi di realizzazioni ci diranno se e come la rotta prevista dovrà essere modificata.
Alberto Mantelli
1 commento:
Molta parte di ciò che sono, e non la peggiore, la devo a tante trasmissioni del Terzo Programma, che ora che è scomparso vedo come l'età dell'oro.
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