Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, giugno 01, 2013

Accardo d'antan...

Salvatore Accardo (1941)
Salvatore Accardo iniziò giovanissimo lo studio del violino diplomandosi al Conservatorio di S. Pietro a Majella di Napoli con Luigi D'Ambrosio, perfezionandosi quindi all'Accademia Chigiana di Siena con Yvonne Astruc, allieva di Enesco. Accardo ha vinto numerosi premi internazionali fra i quali, nel 1958, il Paganini di Genova diventandone il primo vincitore dall'anno di istituzione del Concorso, il 1954. Ha suonato più volte il Guarneri del Gesù appartenuto a Paganini e possiede egli stesso due splendidi strumenti: uno Stradivarius "The Firebird" ex Saint-Exupery del 1718, ed un Guarnieri ex Lafont del 1733. Accardo ha suonato in tutto il mondo con le maggiori orchestre ed i più celebri direttori. I1 suo repertorio comprende tutte le opere significative per violino, dalla musica barocca a quella contemporanea. Malgrado l'intensa attività solistica, Accardo trova il tempo di dedicarsi con passione alla musica da camera e all'insegnamento. Titolare del corso di perfezionamento all'Accademia Chigiana di Siena, e animatore delle Settimane di Musica d'Insieme di Napoli, settimane durante le quali solisti di fama internazionale si riuniscono per fare musica da camera.
 
Prima d'intraprendere la carriera di solista, ha mai suonato in orchestra?
Da ragazzo ho suonato nell'orchestra del conservatorio di Napoli, dove studiavo. Quella è stata la mia unica esperienza di violinista d'orchestra.
Come mai ha studiato il violino?
Mio padre era un buon violinista dilettante. Era appassionato d'opera e suonava spesso arie operistiche e tutte le canzoni napoletane. Quando avevo tre anni, nel 1944, mi fu regalato il mio primo violino: un “quartino”, con cui mi divertivo a ripetere tutto quello che sentivo suonare da mio padre. Dapprima nessuno mi ha spiegato come si suonasse lo strumento: facevo tutto da solo. Imparai istintivamente molti problemi tecnici: anche ad individuare le distanze fra una nota e l'altra. Successivamente ho preso qualche lezione da un amico di famiglia che mi ha insegnato soprattutto il solfeggio. Il solfeggio costituisce una base essenziale nello studio della musica: pensi che, in Italia, ci sono dei direttori di conservatorio che non hanno la licenza di solfeggio... Successivamente ho studiato con Luigi D'Ambrosio, col quale ho proseguito fino al diploma. A quel tempo la scuola napoletana era molto importante. Oltre a D'Ambrosio c'era Tufari, che poi si trasferì a Milano: dalla sua scuola sono usciti dei grandi violinisti, come Ferraresi per esempio.
Quando ha avuto inizio la sua carriera di solista?
Subito dopo i concorsi di Ginevra del 1956 e di Genova del 1958.
Cosa si prova quando si partecipa ad un concorso importante?
Molta emozione. Soprattutto quando, alla fine, la giuria si riunisce e si deve aspettare il risultato. Si teme sempre che ci siano delle “combinazioni”.
Ci sono realmente queste “combinazioni” nei concorsi?
Ce ne sono molte, moltissime. Capita spesso che il migliore non vinca.
Cosa ha provato suonando, al concorso di Genova, il violino dl Paganini?
E' una sensazione, difficile a spiegarsi. Tenere sotto il mento lo strumento che suonava Paganini, il grande Paganini, è un'emozione, per noi violinisti, grandissima. Paganini ha cambiato radicalmente la tecnica violinistica. Lo stesso violino è cambiato con Paganini, nel manico, nella tastiera. Il violino di Paganini era un po' più grande del normale: più alto e più lungo. Paganini aveva delle mani incredibilmente lunghe e aveva trovato questo strumento che faceva per lui. Gli altri erano troppo piccoli per le sue mani.
Lei ha fama di essere un grande interprete paganiniano. Sente particolare affinità per questo compositore?
Questo è un luogo comune' he, devo dire, mi infastidisce non poco. Tutti dicono: “Accardo suona Paganini”. Accardo suona Paganini come se io non sapessi suonare altro. Mi sembra che non sia vero: basti pensare che la mia incisione delle sonate di Bach ha vinto recentemente il premio di «miglior disco dell'anno a Londra. Questo fatto potrebbe di poter smentire questo luogo comune. Se suono bene Paganini non è una colpa. Lo dico perché sono in molti a pensare che se si suona bene Paganini non si possono suonare altrettanto bene altri autori.
Pensa che la tecnica violinistica sia molto evoluta dai tempi di Paganini?
Non lo credo. Se Paganini potesse tornare oggi a suonare, darebbe certamente dei punti a tutti noi...
La rivista inglese *Records and Recordlngs” le ha dedicato la copertina nel giugno dello scorso anno. Lei pensa che la sua fama all'estero sia più legata al disco o al concerto?
Credo a tutte e due le cose. Si può dire che oggi non ci sia un artista che si dedichi esclusivamente al disco o al concerto: l'unica eccezione penso sia quella del pianista canadese Glenn Gould. Una volta il disco era un punto d'arrivo, una prerogativa pressoché unica dei grandi artisti. Oggi, invece, incidono tutti. Molti giovani cominciano la carriera proprio col far dischi.
A proposito dl dischi: come mal dalla sua discografia mancano I grandi concerti romantici, come quelli dl Beethoven e di Brahms?
Ho inciso il concerto di Beethoven nei mesi scorsi e dovrebbe essere presto pubblicato. L'incisione del concerto di Brahms è già programmata per quest'anno. Purtroppo i grandi concerti romantici sono solo questi...
E i concerti di Bruch?
Ho terminato da poco anche l'incisione dell'opera completa di Bruch per violino e orchestra. In questa raccolta ci sono molti pezzi sconosciuti, mai incisi prima, come il “terzo concerto>”, la “sonata” e diversi “adagio” per violino e orchestra.
Ci sembra che ci siano molte composizioni violinistiche che oggi non vengono quasi mai eseguite. E' il caso delle opere di Vieuxtemps, di Wieniawski, dl Lalo, di Chausson e dello stesso Bruch. Si può parlare di decadenza di una certa parte del repertorio violinistico?
Wieniawski e Vieuxtemps sono stati dei grandissimi violinisti. La loro musica è valida e non va considerata come musica di second'ordine, anche se in un certo senso lo è. Sono pagine che andrebbero eseguite con rigoroso spirito filologico. Fino a ieri succedeva che molti interpreti usavano aggiungere qualcosa di loro a queste partiture: dove c'era un “crescendo” eseguivano un “diminuendo”, dove c'era un “diminuendo” facevano un “crescendo”,... Oggi sta cambiando molto in questo senso: gli esecutori si sforzano di studiare a fondo la scrittura del testo. E una cosa molto importante. Per eseguire le opere di quegli autori è essenziale ricreare la loro originalità. Troppo spesso, invece se ne è messo in luce solo il lato deteriore.
Come spiega la scarsa fortuna del concerto dl Schumann?
In quel concerto il violino non emerge chiaramente dal contesto strumentale sinfonico. Per questa ragione i grandi virtuosi lo hanno trascurato.
Secondo lei c'è un concerto per violino che meriterebbe dl essere riscoperto?
Ne parlavo proprio pochi giorni fa col direttore Kurt Masur. Il “terzo concerto” di Bruch è forse uno dei più interessanti concerti per violino e meriterebbe di essere meglio conosciuto. E' una composizione complessa, assai lunga, una sorta di grande sinfonia concertante.
Fra i grandi violinisti del passato, C'è qualche nome che le è particolarmente caro?
Sulla base dei dischi che ho ascoltato vorrei ricordare i nomi di Busch, il più grande violinista della scuola tedesca; Hubermann, il prototipo del violinista-musicista moderno, e Kreisler: nessun violinista ha avuto un suono bello come il suo, un suono commovente, triste, pieno di nostalgia per la sua vecchia Vienna.
È vero che lei è un ammiratore di Milstein?
E' un violinista che ammiro moltissimo. Ho frequentato i suoi corsi di perfezionamento a Siena. Soprattutto il suono, in Milstein, è affascinante. Vorrei però aggiungere che il violinista che più ho ammirato è stato David Oistrach.
E di Heifetz cosa pensa?
Heifetz è un violinista straordinario. Il suo nome sta al violino come quello di Horowitz al pianoforte. E' un grandissimo artista, anche se musicalmente gli si possono contestare tante cose... Ma è facile criticare.
Lei insegna?
Insegno d'estate all'Accademia Chigiana di Siena: è un corso di perfezionamento per giovani violinisti. Mi piacerebbe molto poter insegnare di più. Il mio sogno è quello di metter su una scuola violinistica, una scuola aperta anche ai bambini, dove si insegnano “le basi” del violino. Quando avrò più tempo e farò meno concerti mi dedicherò volentieri a questo tipo d'insegnamento.
Cosa pensa dell'insegnamento musicale in Italia?
Lo dico sempre anche ai miei colleghi: bisognerebbe chiudere tutti, proprio tutti i conservatori e poi ricominciare da capo. Gli insegnanti dovrebbero essere selezionati seriamente mediante concorsi: come si faceva una volta. Oggi troppe persone salgono in cattedra senza le qualifiche ed i titoli necessari. Conosco insegnanti di pianoforte, nei conservatori, che non hanno neppure il diploma di “ottavo anno”.
Sappiamo che lei colleziona strumenti d'autore. Abbiamo letto che lei ha trovato dl recente a Parigi uno strumento preziosissimo.
Quella è già una storia vecchia. e ho trovato ora uno ad Amsterdam che è una meraviglia. Si chiama “Uccello di Fuoco”, è uno Stradivari del 1718. L'ho trovato nel laboratorio di un vecchio liutaio dove mi ero recato per far riparare un archetto.
Quanti strumenti porta con sè quando va in tournée?
Ho sempre due strumenti con me. Questo sia per ragioni di repertorio - alcuni pezzi riescono meglio su uno strumento piuttosto che su un altro - che per motivi di sicurezza. In caso di danni, ho sempre uno strumento di riserva. Non sempre c'è un liutaio dietro l'angolo per il "pronto intervento".
Sono naturalmente strumenti importanti, vero?
Certo. Oltre allo Stradivari ho sempre con me un “Guarneri del Gesù”, due strumenti di diversa personalità. Il “Guarneri del Gesù”, per esempio, ha un suono più scuro, che più si adatta a certi brani...
Per esempio?
Per esempio sul "Guarneri del Gesù", suonerei il concerto di Brahms, mentre sullo Stradivari suonerei il concerto di Beethoven.
Cosa pensa della recente prassi discografica di realizzare incisioni dl musica antica mediante l'uso di strumenti originali?
Credo che le persone che suonano strumenti antichi non sanno suonare bene sugli strumenti “moderni”, e trovano cosi la scusa “fiologica”, per mascherare i loro limiti. Troppo spesso questi esecutori sono stonati e non credo proprio che la colpa sia, come si vuol far credere, degli strumenti antichi che “non tengono” l'accordatura. Ma voglio dire di più: io penso anche che molti musicisti che si specializzano in esecuzioni di musica contemporanea fanno cosi perché hanno dei problemi con la musica tradizionale come quella di Bach, di Vivaldi, di Beethoven.
Oltre al violino suona altri strumenti?
Si, la viola.
Lei suona spesso musica da camera?
Si. Prendo spesso parte alle “Settimane musicali di Napoli”. E' un festival di musica da camera che si tiene per due settimane ogni anno. Vi partecipano musicisti provenienti da ogni parte del mondo. Le prove sono aperte al pubblico; la sala è sempre piena, soprattutto di giovani. Fa piacere veder dei giovani che vengono ad ascoltare le prove di un quintetto di Brahms o di Beethoven e che per questo magari marinano la scuola o rinunciano a una partita a pallone... Durante le “settimane”, eseguiamo sovente pagine poco note del repertorio cameristico com'è il caso dei sestetti per archi di Brahms, i quintetti di Brahms, di Mozart o “la Trota” di Schubert. Il quintetto “la Trota” di Schubert non si ascolta quasi mai in concerto data la difficoltà di reperire un organico adatto: un pianista, un contrabbassista e un trio d'archi.
Quali saranno i suoi prossimi dischi?
Uscirà fra poco la mia nuova incisione dei Capricci di Paganini. Questi verranno pubblicati nella loro veste integrale, cioè con tutti i ritornelli. Non credo sia accettabile l'esecuzione dei Capricci di Paganini senza queste ripetizioni. L'esecuzione dei ritornelli è essenziale: la composizione acquista, in questo modo, maggior completezza. Un crescendo o un diminuendo possono essere eseguiti, a breve distanza di tempo, in modo differente. Anche in disco la cosa ha un SUO senso. Ho dovuto persuadere i dirigenti della mia casa discografica ad accettare la mia proposta di incidere i Capricci nella versione integrale. Cosi facendo l'incisione occupa tre facciate anzichè due. Ho avuto allora l'idea di suggerire l'incisione di altri brani come la “sonata” e le “variazioni sull'inno inglese”, per riempire la quarta facciata. Cosi abbiamo raccolto in due dischi l'opera completa per violino solo del compositore genovese.
A quale dei suoi dischi si sente più affezionato?
Devo dire che mi riconosco in tutti i dischi che ho finora inciso. Mi ha soddisfatto particolarmente il concerto di Beethoven, anche perchè ho avuto dei partner d'eccezione in Kurt Masur e nella magnifica orchestra del Gewandhaus di Lipsia.
C'è un disco che vorrebbe poter incidere?
Si. Mi piacerebbe poter fare per il disco i concerti di Mozart nella nuova edizione secondo I'Urtext. Tengo molto a questo progetto e spero di poterlo realizzare, cosi come ho potuto realizzare altri miei «sogni» passati: l'incisione delle sonate di Bach, dei Capricci e dei concerti di Paganini. Un altro progetto che serbo per il futuro è quello di poter dirigere il Requiem di Verdi. Chissà forse...
Ci sono molte differenze nell'urtext mozartiano?
Ci sono molte differenze di note, di arcate, di articolazioni musicali, di coloriti. Le differenze riguardano anche la parte orchestrale.
Ricorda qualche episodio divertente della sua carriera?
Un episodio divertente mi capitò a New York qualche anno fa. Alla dogana fui fermato da un funzionario che si era insospettito vedendo i miei violini. “Lei non ha la faccia del violinista”, mi disse testualmente. Non riuscendo a convincerlo con le parole ho dovuto prendere lo strumento e suonare qualcosa. Solo allora, fra l'ilarità generale, la situazione si sbloccò. Un altro episodio singolare mi capitò in Cile, sempre alla dogana. Il doganiere apri con circospezione I'astuccio dello Stradivari e mi chiese serissimo: “Questo violino è nuovo?”. “No, è vecchio”, risposi. “Ah, va bene. Quand'è cosi passi pure”.
 
Intervista rilasciata a “Musica”, Anno 2, ottobre 1978

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