Salvatore Accardo (1941) |
Salvatore
Accardo iniziò giovanissimo lo studio del violino diplomandosi al
Conservatorio di S. Pietro a Majella di Napoli con Luigi D'Ambrosio,
perfezionandosi quindi all'Accademia Chigiana di Siena con Yvonne
Astruc, allieva
di
Enesco.
Accardo ha vinto numerosi premi internazionali fra i quali, nel 1958,
il Paganini di Genova diventandone il primo vincitore dall'anno di
istituzione del Concorso, il 1954. Ha suonato più volte il Guarneri
del Gesù appartenuto a Paganini e possiede egli stesso due splendidi
strumenti: uno Stradivarius "The Firebird" ex Saint-Exupery del
1718, ed un Guarnieri ex Lafont del 1733. Accardo ha suonato in tutto
il mondo con le maggiori orchestre ed i più celebri direttori. I1
suo repertorio comprende tutte le opere significative per violino,
dalla musica barocca a quella contemporanea. Malgrado l'intensa
attività solistica, Accardo trova il tempo di dedicarsi con passione
alla musica da camera e all'insegnamento. Titolare del corso di
perfezionamento all'Accademia Chigiana di Siena, e
animatore
delle Settimane di Musica d'Insieme di Napoli, settimane durante le
quali solisti di fama internazionale si riuniscono per fare musica da
camera.
Prima
d'intraprendere la carriera di solista, ha mai suonato in orchestra?
Da
ragazzo ho suonato nell'orchestra del conservatorio di Napoli, dove
studiavo. Quella è stata la mia unica esperienza di violinista
d'orchestra.
Come
mai ha studiato il violino?
Mio
padre era un buon violinista dilettante. Era appassionato d'opera e
suonava spesso arie operistiche e
tutte
le canzoni napoletane. Quando avevo tre anni, nel 1944, mi fu
regalato il mio primo violino: un “quartino”, con cui mi
divertivo a ripetere tutto quello che sentivo suonare da mio padre.
Dapprima nessuno mi ha spiegato come si suonasse lo strumento: facevo
tutto da solo. Imparai istintivamente molti problemi tecnici: anche
ad individuare le distanze fra una nota e l'altra. Successivamente ho
preso qualche lezione da un amico di famiglia che mi ha insegnato
soprattutto il solfeggio. Il solfeggio costituisce una base
essenziale nello studio della musica: pensi che, in Italia, ci sono
dei direttori di conservatorio che non hanno la licenza di
solfeggio...
Successivamente
ho studiato con Luigi D'Ambrosio, col quale ho proseguito fino al
diploma. A quel tempo la scuola napoletana era molto importante.
Oltre a D'Ambrosio c'era Tufari, che poi si trasferì a Milano: dalla
sua scuola sono usciti dei grandi violinisti, come Ferraresi per
esempio.
Quando
ha avuto inizio la sua carriera di solista?
Subito
dopo i concorsi di Ginevra del 1956 e di Genova del 1958.
Cosa
si prova quando si partecipa ad un concorso importante?
Molta
emozione. Soprattutto quando, alla fine, la giuria si riunisce e si
deve aspettare il risultato. Si teme sempre che ci siano delle
“combinazioni”.
Ci
sono realmente queste “combinazioni” nei concorsi?
Ce
ne sono molte, moltissime. Capita spesso che il migliore non vinca.
Cosa
ha provato suonando, al concorso di Genova, il violino dl Paganini?
E' una
sensazione, difficile a spiegarsi. Tenere sotto il mento lo strumento
che suonava Paganini, il grande Paganini, è un'emozione,
per noi violinisti, grandissima. Paganini ha cambiato radicalmente la
tecnica violinistica. Lo stesso violino è cambiato
con Paganini, nel manico, nella tastiera. Il violino di Paganini era
un po' più grande del normale: più alto e più lungo. Paganini
aveva delle mani incredibilmente lunghe e aveva trovato questo
strumento che faceva per lui. Gli altri erano troppo piccoli per le
sue mani.
Lei
ha fama di essere un grande interprete paganiniano. Sente particolare
affinità per questo compositore?
Questo
è
un luogo comune'
he, devo dire, mi infastidisce non poco. Tutti dicono: “Accardo
suona Paganini”. Accardo suona Paganini come se io non sapessi
suonare altro. Mi sembra che non sia vero: basti pensare che la mia
incisione delle sonate di Bach ha vinto recentemente il premio di
«miglior disco dell'anno a Londra. Questo fatto potrebbe di poter smentire
questo luogo comune. Se suono bene Paganini non è una colpa. Lo dico
perché sono in molti a pensare che se si suona bene Paganini non si
possono suonare altrettanto bene altri autori.
Pensa
che la tecnica violinistica sia molto evoluta dai tempi di Paganini?
Non
lo credo. Se Paganini potesse tornare oggi a suonare, darebbe
certamente dei punti a tutti noi...
La
rivista inglese *Records and Recordlngs” le ha dedicato la
copertina nel giugno dello scorso anno. Lei pensa che la sua fama
all'estero sia più legata al disco o al concerto?
Credo
a tutte e due le cose. Si può dire che oggi non ci sia un artista
che si dedichi esclusivamente al disco o al concerto: l'unica
eccezione penso sia quella del pianista canadese Glenn Gould. Una
volta il disco era un punto d'arrivo, una
prerogativa pressoché unica dei grandi artisti. Oggi, invece,
incidono tutti. Molti giovani cominciano la carriera proprio col far
dischi.
A
proposito dl dischi: come mal dalla sua discografia mancano I grandi
concerti romantici, come quelli dl Beethoven e di Brahms?
Ho
inciso il concerto di Beethoven nei mesi scorsi e dovrebbe essere
presto pubblicato. L'incisione del concerto di Brahms
è
già
programmata per quest'anno. Purtroppo i grandi concerti romantici
sono solo questi...
E
i concerti di Bruch?
Ho
terminato da poco anche l'incisione dell'opera completa di Bruch per
violino e orchestra. In questa raccolta ci sono molti
pezzi sconosciuti, mai incisi prima, come il “terzo concerto>”,
la “sonata” e diversi “adagio” per violino e orchestra.
Ci
sembra che ci siano molte composizioni violinistiche che oggi non
vengono quasi mai eseguite. E'
il caso
delle opere di Vieuxtemps, di Wieniawski, dl Lalo, di Chausson e
dello stesso Bruch. Si può parlare di decadenza di una certa parte
del repertorio violinistico?
Wieniawski
e Vieuxtemps sono stati dei grandissimi violinisti. La loro musica è
valida e non va considerata come musica di second'ordine, anche se in
un certo senso lo è. Sono pagine che andrebbero eseguite con
rigoroso spirito filologico. Fino a ieri succedeva che molti
interpreti usavano aggiungere qualcosa di loro a queste partiture:
dove c'era un “crescendo” eseguivano un “diminuendo”, dove
c'era un “diminuendo” facevano un “crescendo”,... Oggi sta
cambiando molto in questo senso: gli esecutori si sforzano di
studiare a fondo la scrittura del testo. E una cosa molto importante. Per
eseguire le opere di quegli autori è essenziale ricreare la loro
originalità. Troppo spesso, invece se ne è
messo
in luce
solo il lato deteriore.
Come
spiega la scarsa fortuna del concerto dl Schumann?
In
quel concerto il violino non emerge chiaramente dal contesto
strumentale sinfonico. Per questa ragione i grandi virtuosi lo hanno
trascurato.
Secondo
lei c'è un concerto per violino che meriterebbe dl essere
riscoperto?
Ne
parlavo proprio pochi giorni fa col direttore Kurt Masur. Il “terzo
concerto” di Bruch è
forse
uno dei più interessanti concerti per violino e meriterebbe di
essere meglio conosciuto. E' una composizione complessa, assai lunga,
una sorta di grande sinfonia concertante.
Fra
i grandi violinisti del passato, C'è qualche nome che le è
particolarmente
caro?
Sulla
base dei dischi che ho ascoltato vorrei ricordare i nomi di Busch, il
più grande violinista della scuola tedesca; Hubermann,
il prototipo del violinista-musicista moderno, e Kreisler: nessun
violinista ha avuto un suono bello come il suo,
un suono commovente, triste, pieno di nostalgia per la sua vecchia
Vienna.
È
vero
che lei è
un
ammiratore di Milstein?
E'
un
violinista che ammiro moltissimo. Ho frequentato i suoi corsi di
perfezionamento a Siena. Soprattutto il suono, in Milstein,
è
affascinante.
Vorrei però aggiungere che il violinista che più ho ammirato è
stato
David Oistrach.
E
di Heifetz cosa pensa?
Heifetz
è un violinista straordinario. Il suo nome sta al violino come
quello di Horowitz al pianoforte. E' un grandissimo artista, anche se
musicalmente gli si possono contestare tante cose... Ma è facile
criticare.
Lei
insegna?
Insegno
d'estate all'Accademia Chigiana di Siena: è un corso di
perfezionamento per giovani violinisti. Mi piacerebbe molto poter
insegnare di più. Il mio sogno è quello di metter su una scuola
violinistica, una scuola aperta anche ai bambini, dove si insegnano
“le basi” del violino. Quando avrò più tempo e farò meno
concerti mi dedicherò volentieri a questo tipo d'insegnamento.
Cosa
pensa dell'insegnamento musicale in Italia?
Lo
dico sempre anche ai miei colleghi: bisognerebbe chiudere tutti,
proprio tutti i conservatori e poi ricominciare da capo. Gli
insegnanti dovrebbero essere selezionati seriamente mediante
concorsi: come si faceva una volta. Oggi troppe persone salgono in
cattedra senza le qualifiche ed i titoli necessari. Conosco
insegnanti di pianoforte, nei conservatori, che non hanno neppure il
diploma di “ottavo anno”.
Sappiamo
che lei colleziona strumenti d'autore. Abbiamo letto che lei ha
trovato dl recente a Parigi uno strumento preziosissimo.
Quella
è
già
una storia vecchia. e ho trovato ora uno ad Amsterdam che è una
meraviglia. Si chiama “Uccello di Fuoco”, è
uno
Stradivari del 1718. L'ho trovato nel laboratorio di un vecchio
liutaio dove mi ero recato per far riparare un archetto.
Quanti
strumenti porta con sè quando va in tournée?
Ho
sempre due strumenti con me. Questo sia per ragioni di repertorio -
alcuni
pezzi riescono meglio su uno strumento piuttosto che su un altro -
che
per motivi di sicurezza. In caso di danni, ho sempre uno strumento di
riserva. Non sempre c'è un liutaio dietro l'angolo per il "pronto
intervento".
Sono
naturalmente strumenti importanti, vero?
Certo.
Oltre allo Stradivari ho sempre con me un “Guarneri del Gesù”,
due strumenti di diversa personalità. Il “Guarneri del Gesù”,
per esempio, ha un suono più scuro, che più si adatta a certi
brani...
Per
esempio?
Per
esempio sul "Guarneri del Gesù", suonerei il concerto di Brahms,
mentre sullo Stradivari suonerei il concerto di Beethoven.
Cosa
pensa della recente prassi discografica di realizzare incisioni dl
musica antica mediante l'uso di strumenti originali?
Credo
che le persone che suonano strumenti antichi non sanno suonare bene
sugli strumenti “moderni”, e trovano cosi la scusa “fiologica”,
per mascherare i loro limiti. Troppo spesso questi esecutori sono
stonati e non credo proprio che la colpa sia, come si vuol far
credere, degli strumenti antichi che “non tengono” l'accordatura.
Ma voglio dire di più: io penso anche che molti musicisti che si
specializzano in esecuzioni di musica contemporanea fanno cosi perché
hanno dei problemi con la musica tradizionale come quella di Bach, di
Vivaldi, di Beethoven.
Oltre
al violino suona altri strumenti?
Si,
la viola.
Lei
suona spesso musica da camera?
Si.
Prendo spesso parte alle “Settimane musicali di Napoli”. E' un
festival di musica da camera che si tiene per due settimane ogni
anno. Vi partecipano musicisti provenienti da ogni parte del mondo.
Le prove sono aperte al pubblico; la sala è sempre piena,
soprattutto di giovani. Fa piacere veder dei giovani che vengono ad
ascoltare le prove di un quintetto di Brahms o di Beethoven e che per
questo magari marinano la scuola o rinunciano a una partita a
pallone... Durante le “settimane”, eseguiamo sovente pagine poco
note del repertorio cameristico com'è il caso dei sestetti per archi
di Brahms, i quintetti di Brahms, di Mozart o “la Trota” di
Schubert. Il quintetto “la Trota” di Schubert non si ascolta
quasi mai in concerto data la difficoltà di reperire un organico
adatto: un pianista, un contrabbassista e un trio d'archi.
Quali
saranno i suoi prossimi dischi?
Uscirà
fra poco la mia nuova incisione dei Capricci di Paganini. Questi
verranno pubblicati nella loro veste integrale, cioè con
tutti i ritornelli. Non credo sia accettabile l'esecuzione dei
Capricci di Paganini senza queste ripetizioni. L'esecuzione dei
ritornelli è essenziale: la composizione acquista, in questo modo,
maggior completezza. Un crescendo o un diminuendo possono essere
eseguiti, a breve distanza di tempo, in modo differente. Anche in
disco la cosa ha un SUO
senso.
Ho dovuto persuadere i dirigenti della mia casa discografica ad
accettare la mia proposta di incidere i Capricci nella versione
integrale. Cosi facendo l'incisione occupa tre facciate anzichè due.
Ho avuto allora l'idea di suggerire l'incisione di altri brani come
la “sonata” e le “variazioni sull'inno inglese”, per riempire
la quarta facciata. Cosi abbiamo raccolto in due dischi l'opera
completa per violino solo del compositore genovese.
A
quale dei suoi dischi si sente più affezionato?
Devo
dire che mi riconosco in tutti i dischi che ho finora inciso. Mi ha
soddisfatto particolarmente il concerto di Beethoven, anche perchè
ho avuto dei partner d'eccezione in Kurt Masur e nella magnifica
orchestra del Gewandhaus di
Lipsia.
C'è
un
disco che vorrebbe poter incidere?
Si.
Mi piacerebbe poter fare per il disco i concerti di Mozart nella
nuova edizione secondo I'Urtext. Tengo molto a questo progetto
e spero di poterlo realizzare, cosi come ho potuto realizzare altri
miei «sogni» passati: l'incisione delle sonate di Bach,
dei Capricci e dei concerti di Paganini. Un altro progetto che serbo
per il futuro è quello
di poter dirigere il Requiem di Verdi. Chissà forse...
Ci
sono
molte differenze
nell'urtext
mozartiano?
Ci
sono molte differenze di note, di arcate, di articolazioni musicali,
di coloriti. Le differenze riguardano anche la parte orchestrale.
Ricorda
qualche episodio divertente della sua carriera?
Un
episodio divertente mi capitò a New York qualche anno fa. Alla
dogana fui fermato da un funzionario che si era insospettito vedendo
i miei violini. “Lei non ha la faccia del violinista”, mi disse
testualmente. Non riuscendo a convincerlo con le parole ho dovuto
prendere lo strumento e suonare qualcosa. Solo allora, fra l'ilarità
generale, la situazione si sbloccò. Un altro episodio singolare mi
capitò in Cile, sempre alla dogana. Il doganiere apri con
circospezione I'astuccio dello Stradivari e mi chiese serissimo:
“Questo violino è nuovo?”. “No, è vecchio”, risposi. “Ah,
va bene. Quand'è cosi passi pure”.
Intervista rilasciata a
“Musica”, Anno 2, ottobre 1978
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