Luciano Berio (1925-2003) |
Rossana Dalmonte, nel suo libro intervista "Luciano Berio. Intervista sulla musica (Laterza, 1981) chiede, tra tanto altro, a Luciano Berio...
Il principio della trasformazione di cui parlavi prima. Come colleghi il tuo uso del folklore, sia come gesto che come processo, con la funzione che la citazione e l’autocitazione hanno nelle tue opere? Penso a un’opera come Sinfonia, per esempio.
C’è una relazione molto stretta, a patto di non considerare la terza parte di Sinfonia, alla quale certamente ti riferisci, un collage di citazioni. Non ho alcun interesse per i collages e mi divertono solo quando ci gioco coi miei figli: diventano un esercizio di relativizzazione e di "decontestualizzazione" delle immagini: cioè un elementare esercizio di sano cinismo che, tutto sommato, non guasta mai. Questa terza parte di Sinfonia ha uno scheletro che e lo Scherzo della Seconda Sinfonia di Mahler, uno scheletro che spesso riernerge in carne e ossa vestito di tutto punto e che poi scompare e riappare... Ma non è mai solo: lo accompagna "la storia della musica" che lui stesso suscita in me, con tutta la sua pluralità di livelli e la moltitudine di riferimenti - quella, almeno, che mi è riuscito di controllare, considerando che spesso coesistono, simultaneamente, fino a quattro riferimenti diversi. Lo Scherzo della Seconda Sinfonia di Mahler diventa quindi un generatore di funzioni armoniche e di riferimenti musicali a loro pertinenti, che appaiono, scompaiono, si incamminano per la loro Strada, ritornano a Mahler, si intrecciano, si trasformano in Mahler e ci si nascondono dentro. I riferimenti a Bach, Brahms, Boulez, Berlioz, Schoenberg, Stravinsky, Strauss, Stockhausen, ecc. sono dunque anche segnali che indicano quale paese armonico stiamo attraversando, come dei segnalibri, come delle bandierine di colori diversi che si mettono nei punti significativi di una carta geografica durante una spedizione piena di sorprese. Era da molto tempo che avevo in mente di esplorare dall’interno una musica del passato, un’esplorazione creativa che fosse al tempo stesso un’analisi, un commento e un’estensione dell’originale, fedele al mio principio (che si perde nella notte dei tempi) che il miglior modo di analizzare e di commentare qualcosa o, per un compositore, fare qualcosa utilizzando i materiali di quello che si vuole analizzare e commentare. Il commento più proficuo alle sinfonie e alle opere e sempre stato un’altra sinfonia e un’altra opera. I miei Chemins sono l’analisi migliore delle mie Sequenze, così come la terza parte della mia Sinfonia è il commento più approfondito che avrei mai potuto condurre su una musica di Mahler. Originariamente l’idea di questa terza parte di Sinfonia non era però legata a Mahler ma a Beethoven. Pensavo infatti di far "esplodere" armonicamente gli ultimi tre movimenti del Quartetto in Do diesis rninore op.131 di Beethoven, senza però citazioni e, invece, con "bandierine" composte da me. Le parti vocali avrebbero avuto un carattere più strumentale e il testo, naturalmente, sarebbe stato di tutt’altra natura. Ho finalmente optato per Mahler non solo perché è spontaneamente proliferante, ma anche perché mi permetteva di estendere, di commentare e di trasformare tutti i suoi aspetti: anche quello della scrittura orchestrale. Mi interessava cioè una struttura portante che fosse ogni tanto riconoscibile nella sua veste originale. Tradurre in termini orchestrali l’op.131 di Beethoven sarebbe stata un’operazione piena di rischi e, dato l’assunto, non completamente giustificata. Questa operazione mahleriana, dunque, questo viaggio a Citera della terza parte della Sinfonia a bordo del vascello mahleriano, acquista pero un senso completo quando viene a sua volta commentato dalla quinta parte conclusiva di Sinfonia, che e di gran lunga la più complessa anche perché commenta, riassume e trasforma tutte le altre. Le prime quattro parti di Sinfonia stanno alla quinta come lo Scherzo di Mahler sta alla terza parte. Cioè lo scheletro, la struttura portante della quinta parte e costituita dalle quattro parti precedenti che però appaiono spesso in maniera sommaria, talvolta quasi stenografica e altre volte in forma completa. L’ordine di apparizione dei frammenti è però modificato. La seconda parte, per esempio, vi appare tutta intera, trascritta da cima a fondo, assieme a elementi preponderanti della terza parte e alcuni della prima, oltre a nuovi caratteri che si sono venuti via via formando. La seconda parte diventa cioè la struttura portante di molti altri elementi già ascoltati prima che appaiono a frammenti, contratti e assimilati, strumentalmente e vocalmente, agli elementi nuovi che commentano il commento del commento... La dislocazione imprevista e discontinua degli eventi già ascoltati prima provoca una sorta di arresto nello stream of consciousness, nel "flusso della coscienza" (musicale) che caratterizzava le parti precedenti e soprattutto la terza. La memoria viene continuamente sollecitata e chiamata in causa, ma allo stesso tempo essa viene negata e frustrata. Finalmente, o su un elemento della prima parte che confluisce a poco a poco tutto lo sviluppo che diventa perciò più omogeneo e unanime. La prima parte non concludeva, si era improvvisamente arrestata ed era rimasta aperta. La quinta parte conclude Sinfonia portando a un termine lo sviluppo, rimasto sospeso, della prima. La terza parte di Sinfonia e dunque il centro e anche il modello macroscopico di tutto il lavoro. Ha anche una funzione centrifuga nel senso che i suoi meccanismi coinvolgono la totalità del lavoro proiettando e ammassando nella quinta parte conclusiva frammenti di quella totalità.
Siamo ben lontani, come vedi, dal collage di citazioni. Sinfonia è un lavoro molto omogeneo che guarda dentro se stesso. Il trattamento del testo è di natura analoga allo sviluppo musicale ed è molto complesso.
David Osmond-Smith ha terminato un lungo ed esauriente studio su Sinfonia, con particolare attenzione all’uso dei testi. Semplificando al massimo, vorrei solo accennare al fatto che la prima parte di Sinfonia elabora frammenti di testi di Claude Lévi-Strauss (da Le cru et le cuit), come se fossero inizi di narrazione continuamente interrotta. E' il Lévi-Strauss-grande scrittore che interviene qui e non, in maniera esplicita, il Lévi-Strauss-grande-antropologo. Come dicevo prima, questa prima parte ha uno sviluppo musicale anch’esso interrotto - proprio nel momento in cui comincia a configurarsi come un concerto per pianoforte e orchestra; sviluppo che verrà ripreso e condotto a termine nella quinta e ultima parte. La seconda parte ha una struttura musicale totalmente diversa e non ha un testo vero e proprio ma soltanto un avvicendamento di elementi fonetici che conducono alla graduale "scoperta" e alla enunciazione del nome del martire negro Martin Luther King. Anzi, O Martin Luther King - per dare maggiore continuità e completezza alla sequenza vocalica. La terza parte ha un testo pilota di Samuel Beckett (tratto da The Unnamable), un testo proliferante così com’è
proliferante il "testo" musicale di Mahler che gli è parallelo. Una delle proliferazioni più importanti del testo di Beckett (non è la sola) è la sequenza di segnali verbali che descrivono, talvolta con metafore e altre volte in maniera esplicita, le varie tappe del viaggio armonico, quello musicalmente segnalato e puntualizzato dalle citazioni-bandierine. La quarta parte si bocca sulle prime due note e le prime due parole del IV movimento della Seconda Sinfonia di Mahler, tradotte in francese onde permettere un fuggevole collegamento con un’immagine di Claude Lévi-Strauss-grande-scrittore: appel bruyant. Quindi: "O Roschen roth! (rose de sang appel buyant)". La quinta parte, infine, parallelamente alla musica, riprende frammenti di testi delle quattro parti precedenti. I frammenti interrotti di Lévi-Strauss-grande-scrittore apparsi nella prima parte vengono finalmente completati, il discorso viene condotto a una sua possibile conclusione e l’uso del testo, così come si struttura musicalmente, suggerisce anche un suo fondamento scientifico, non solo poetico. Ed è infatti solo allora che cerco di rendere omaggio a Lévi-Strauss-grande-antropologo.
Siamo ben lontani, come vedi, dal collage di citazioni. Sinfonia è un lavoro molto omogeneo che guarda dentro se stesso. Il trattamento del testo è di natura analoga allo sviluppo musicale ed è molto complesso.
David Osmond-Smith ha terminato un lungo ed esauriente studio su Sinfonia, con particolare attenzione all’uso dei testi. Semplificando al massimo, vorrei solo accennare al fatto che la prima parte di Sinfonia elabora frammenti di testi di Claude Lévi-Strauss (da Le cru et le cuit), come se fossero inizi di narrazione continuamente interrotta. E' il Lévi-Strauss-grande scrittore che interviene qui e non, in maniera esplicita, il Lévi-Strauss-grande-antropologo. Come dicevo prima, questa prima parte ha uno sviluppo musicale anch’esso interrotto - proprio nel momento in cui comincia a configurarsi come un concerto per pianoforte e orchestra; sviluppo che verrà ripreso e condotto a termine nella quinta e ultima parte. La seconda parte ha una struttura musicale totalmente diversa e non ha un testo vero e proprio ma soltanto un avvicendamento di elementi fonetici che conducono alla graduale "scoperta" e alla enunciazione del nome del martire negro Martin Luther King. Anzi, O Martin Luther King - per dare maggiore continuità e completezza alla sequenza vocalica. La terza parte ha un testo pilota di Samuel Beckett (tratto da The Unnamable), un testo proliferante così com’è
proliferante il "testo" musicale di Mahler che gli è parallelo. Una delle proliferazioni più importanti del testo di Beckett (non è la sola) è la sequenza di segnali verbali che descrivono, talvolta con metafore e altre volte in maniera esplicita, le varie tappe del viaggio armonico, quello musicalmente segnalato e puntualizzato dalle citazioni-bandierine. La quarta parte si bocca sulle prime due note e le prime due parole del IV movimento della Seconda Sinfonia di Mahler, tradotte in francese onde permettere un fuggevole collegamento con un’immagine di Claude Lévi-Strauss-grande-scrittore: appel bruyant. Quindi: "O Roschen roth! (rose de sang appel buyant)". La quinta parte, infine, parallelamente alla musica, riprende frammenti di testi delle quattro parti precedenti. I frammenti interrotti di Lévi-Strauss-grande-scrittore apparsi nella prima parte vengono finalmente completati, il discorso viene condotto a una sua possibile conclusione e l’uso del testo, così come si struttura musicalmente, suggerisce anche un suo fondamento scientifico, non solo poetico. Ed è infatti solo allora che cerco di rendere omaggio a Lévi-Strauss-grande-antropologo.
Si sta finalmente preparando una nuova versione discografica di Sinfonia. Quella esistente è sfortunatamente incompleta perché, come si fa di solito, fu registrata subito dopo la prima esecuzione delle sole prime quattro parti a New York, nel 1968. Riuscii a terminare la quinta parte solo tre mesi dopo quando mi convinsi profondamente della sua necessità.
Rossana Dalmonte intervista Luciano Berio (da "Intervista sulla musica", Editori Laterza, 1981)
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