Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

venerdì, ottobre 07, 2005

Gavazzeni: "La musica peggiora l'uomo"

Un sorso del suo americano preferito e una Rothmans sottile fra le dita: Gianandrea Gavazzeni, ottantacinque anni, parla del suo nuovo libro, "Scena e retroscena", in uscita da Rizzoli, con prefazione di Goffredo Petrassi. E' la storia della sua vita, ma anche la storia di questo secolo italiano nella politica e nella cultura. Gavazzeni si diverte a raccontare aneddoti, che vedono protagonisti della vita musicale come Toscanini o Furtwängler, aneddoti gustosi, significati, quasi al limite del grottesco.
C'è curiosità, arguzia, e solidità di cultura e di giudizio, in queste pagine. C'è vita. E c'è lo stile umoroso, quasi un «andante con brio» del bergamasco Gavazzeni. Merito dei due curatori del libro, Renato Garavaglia e Alberto Sinigaglia, che hanno stimolato l'autore e hanno conservato con sapienza, raccogliendone e ordinandone i ricordi, il tono colloquiale, le spezzature e gli abbandoni. Abbiamo chiesto direttamente al protagonista del libro qualche impressione.


Pagine ricche di volti. Quali amici ricorda con più nostalgia?
Tutti defunti. Forse io solo sono sopravvissuto. E' troppo! Sopravvive il vecchio amico Carlo Bo, che mi ha dato la laurea ad honorem ad Urbino. A me che ho fatto la quarta elementare!
In Scena e retroscena lancia frecciate ai registi. Che cosa gli rimprovera?
Le lentezze esasperanti di Strehler ... Dalle regie di Ronconi mi sono sempre tenuto lontano ... Dico no all'invadenza narcisistica dei registi, alle loro sovrapposizioni: non tengono conto della forma, del linguaggio, delle esigenze acustiche.
Come convive con l'attuale «star system» del mondo musicale?
Direttori e cantanti sono i commessi viaggiatori di se stessi. Manca la disciplina. L'industria discografica è invadente... I direttori che mi hanno dato le maggiori emozioni sono stati Toscanini, De Sabata, Karajan e Leonard Bernstein. Se mi si permettesse un consiglio ai miei più giovani e oggi celebri colleghi, direi: "Un po' di modestia!". Abbado, Muti e altri ancora più giovani... Ma non ci si oppone mai alle correnti del tempo. Tutto avviene perché deve avvenire.
Quale caratteristica principale trova nella musica di questo secolo?
E' secolo di conclusione: finisce il grande ciclo «tonale», dal '400 al '900. E' nato qualcos'altro. Forse.
Lei ha composto musica?
Fino al '40. Un'opera lirica, Paolo e Virginia, una balordaggine, e una quantità di musica concertistica... Quasi sessant'anni fa composi due arie religiose, stampate e dimenticate per fortuna. Mia moglie le ha ripescate e le ha volute cantare diretta da me: mi hanno fatto un effetto stranamente positivo. Come se non fossi io l'autore. Avevano un quid vitale.
Che cos'è la musica per lei?
Nevrosi. Eccita i peggiori sentimenti: il torbido, il carnale. Non è vero che migliora l'uomo; e chi la esercita viene peggiorato caratterialmente e moralmente. Rivela l'inconscio. Un'idea dionisiaca, romantica della musica... Io sono l'opposto del moralista. Sono contro le anime belle, quelle che credono di avere la Bellezza e la Verità in tasca. Meglio: non sono contro; semplicemente, non partecipo. Sono di un possibilismo infinito: mi sono persino risposato a ottantadue anni e non mi sono pentito. Non sono pentito di niente. Di fronte al mio nullismo - diceva Paolo Grassi - il nichilismo russo diventa ottimismo.
Lei è uno scettico?
Nient'affatto. Credo nella vita e in Dio. Sono un enorme pasticcio, avrebbe detto il mio amico Gadda. Sono credente. Quando ho tempo, vado a messa: perché sto dentro ad una storia, mi sento meno solo, meno indifeso. Ho meno paura, quando sono in chiesa. Con l'età la paura aumenta. Aumenta di più la solitudine, forse. E prego... Mi sono mancati molto il babbo e la mamma; di più in vecchiaia. Alle spalle sento anche gli amici più cari morti. Con quelli convivo... Sono stato un grande cultore di parole fra amici, soprattutto in trattoria. Il cibo non come elemento di golosità, ma come occasione conversativa: un fagiano con Toscanini, i tartufi con Mila, un pomeriggio a scolar whisky con Bernstein...

da Musicalia (Anno III n.16, ott/nov 1994)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Geniale!