Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, ottobre 08, 2005

Gustav Leonhardt e L'Arte della Fuga (II)

".. Un'opera pratica e stupenda" - Mattheson, 1752; " ... io sono sicuro, che colui il quale vorrà capirne l'intera bellezza, avrà bisogno di tutta la sua anima, e ancor più, se desidera suonarla lui stesso." - J.M. Schmidt, 1754; " ... la più perfetta delle fughe" - Carl Philipp Emanuel Bach, 1756. L'Arte della fuga fu ritenuta fino al nostro secolo un'opera pratica per pianoforte: così sostengono per esempio Czerny, Storck, Spitta. Ma durante gli ultimi 50 anni l'opera è stata avvolta nel velo del mistero. La - malintesa - notazione della partitura senza indicazione degli strumenti, ha dato motivo di sottolineare l'aspetto "astratto e dematerializzato" in quest'ultima opera dell'anziano, "solitario" Bach. Poichè L'Arte della fuga, nonostante i numerosi articoli comparsi in riviste specializzate, e curati da musicologi come Handschin, Husmann, Kinsky, Müller, Rietsch, Steglich e Tovey, continua ad esistere nella nostra vita musicale come un'opera non strumentata dall'autore (le tante elaborazioni e strumentazioni ne danno testimonianza), ci proponiamo di avvicinarci ad essa, per una volta, nei termini musicali del secolo XVIII e con particolare riguardo alla sua struttura sonora.

I. CONFUTAZIONE DI POSSIBILI OBIEZIONI ALL'ESECUZIONE AL PIANOFORTE
l. La notazione della partitura
La notazione di una partitura di musica polifonica per pianoforte (organo, clavicembalo ecc.) era tradizionale. La seguente lista di opere stampate dimostra questa usanza, più regola che eccezione. Soltanto nel caso di Froberger e Poglietti si tratta di manoscritti, ma lussuosi e di carattere ufficiale, provvisti di dedica:
Valente 1580
Trabaci 1603,1615
Mayone 1603,1609
Frescobaldi 1608,1615,1624,1628,1635,1645
Guillet 1610
Coelho 1620
Titelouze 1623
Scheidt 1624,1650
Cavaccio 1626
Steigleder 1627
Klemme 1631
del Buono 1641
Salvatore 1641
Froberger 1649-1656
Scipione 1652
Roberday 1660
Scherer 1664
Battiferri 1669
Buxtehude 1674
Fontana 1677
Poglietti 1677
Kerll 1686
Strozzi 1687
Casini 1714
della Ciaja (1671-1755), opus 4
Bach stesso si colloca in questa tradizione internazionale, annotando in una partitura a quattro righi la quarta variazione dell'edizione a stampa (1747 o 1748) delle Variazioni canoniche su "Dagli alti cieli" ("Per l'organo"). La stesura autografa dell'opera presenta questa variazione su tre pentagrammi. Un simile contrasto tra notazione "casalinga" e quella di partitura ufficiale si trova nelle due versioni del Ricercar a sei voci dalla "Offerta musicale" del 1747, anche questo composto nell'antico stile classico. Quest'opera viene designata per pianoforte, a causa dell'occasione stessa per cui fu composta (anche la "Allgemeine deutsche Bibliothek"'di Nicolais, 1788, qualifica l'opera "per 16 voci manualiter"). Nel 1752 compare una seconda edizione de L'Arte della fuga, immediatamente successiva alla prima: questo indica, secondo me, successo, e non quel triste misconoscimento, in cui il romanticismo ama tanto vedere i suoi eroi. Qui W.F. Marpurg, che ne curò l'introduzione, sottolinea: "Un gran vantaggio di quest'opera è il fatto, che tutto quanto in essa contenuto è scritto nella partitura". Se si trattasse di un'opera per ensemble, questa osservazione sarebbe superflua. Ha soltanto senso, se si considera, che la maggior parte della musica per pianoforte, che attorno al 1750 non era affatto polifonica, veniva annotata su due pentagrammi, mentre L'Arte della fuga continua l'antica tradizione della polifonia nella musica per strumenti da tasto e la presenta chiaramente allo studente di contrappunto. Mattheson scrive nel 1752: "La cosiddetta Arte della fuga di Joh. Sebastian Bach ... stupirà un giorno tutti i compositori di fughe italiani e francesi; perché la sapranno seguire e capire, ma forse non suonare...". In verità, ogni italiano o francese è in grado di suonare una singola voce de L'Arte della fuga; secondo Mattheson pare che sorgano problemi per l'esecuzione ad opera di un solo suonatore.

2. Misura 77 di Cp 6
Non è possibile suonare il quarto tempo di questa misura a due mani. La stessa impossibilità - sempre con pedale nel basso! - si riscontra per esempio nelle opere per pianoforte: Il Clavicembalo ben temperato I (Cbt I), fuga in la minore, fine; cadenza del quinto Concerto brandeburghese, battuta 192.

3. Casi particolari: Cp 4, misura 35; Cp 5, misure 41 e 60; Gp 9, misura 94
Qui si incontrano su una stessa nota due voci, di cui una, come fine della frase, possiede un valore più breve dell'identica nota dell'altra voce. Eppure, nonostante tutto, tale notazione non parla contro l'utilizzazione di uno strumento da tasto, dato che Bach annota spesso allo stesso modo in altre opere per pianoforte, per esempio: Cbt I, fuga in do maggiore, misura 11; fuga in do diesis minore, misura 38, preludio in fa minore, misura 3; Orgelbüchlein, "Christe Du Lamm Gottes", misura 4, Clavierübungen III, grande "Water unser", misura 13.

II. ESCLUSIONE DI STRUMENTI DIVERSI DA QUELLI DA TASTO
1. L'estensione delle singole voci
Basta uno sguardo all'estensione dei contralto (discendente fino al si maggiore) e del tenore (discendente fino al sol maggiore) nelle prime dodici fughe, per constatare che nessuno dei pur ricchi organici strumentali, a cui ricorre Bach, è adatto a L'Arte della fuga. Ogni strumentazione deve utilizzare gruppi di strumenti completamente anacronistici. Inoltre nessuna voce ha un suo specifico "volto" strumentale. Questa mancanza di caratterizzazione può spiegare la grande differenza nei tentativi di strumentazione. Il libero uso che Bach fa dell'estensione delle voci nelle fughe per pianoforte si evidenzia, oltre che in molte altre, nella fuga in fa minore del Cbt I. L'estensione delle voci nei canoni supera di gran lunga quella di ogni strumento melodico dei tempi di Bach: per esempio: Cp 15 voce superiore re1 - si bemolle4; Cp 16 voce inferiore re1 - si bemolle3; Cp 14 voce inferiore Si Si - do4.

2. Fughe
Non derivate da un'ouverture - che attaccano liberamente con soprano, contralto o tenore, in Bach sono soltanto per strumenti a tastiera. Le fughe per complessi vengono accompagnate da una voce di continuo, dapprima non tematica.

3. Incrociamento delle parti di tenore e basso
L'Arte della fuga si serve spesso di tali incrociamenti; musicalmente il tenore diventa basso. La parte del basso, dunque, non può esser rinforzata da un violone; questo almeno esclude un organico orchestrale. Si può accennare en passant che da ciò dipende tutto il problema della presenza di uno strumento di continuo in un'esecuzione d'ensemble.

4. Le chiavi
Se Bach avesse scritto L'Arte della fuga per complessi, la partitura sarebbe stata normale e pratica. Invece non è pratica, perché Bach non usa mai la chiave di soprano per flauto, oboe, violino; mai la chiave di contralto per secondo violino e simile; mai la chiave di tenore per viola e così via (che le estensioni delle voci non siano affatto adatte, è già stato detto). Tuttavia le chiavi adoperate erano da secoli in uso nella polifonia classica e, naturalmente, nei suoi movimenti di danza! (vedi anche parte I, punto 1).

III. CARATTERISTICHE DELLO STILE DI PIANOFORTE
l. Eseguibilità
Già il fatto, che l'intera Arte della fuga sia stata scritta in modo da poter essere eseguito tutta con due mani (le fughe a specchio verranno prese in esame in seguito), dovrebbe indurre alla constatazione, che Bach, nella stesura di quest'opera, ha sempre pensato ad uno strumento da tasto. Ci si rende conto della grandissima importanza di questo fatto, quando si tenta di eseguire a due mani al pianoforte un'opera per complesso di Bach: è impossibile. L'eseguibilità alla tastiera era dunque un fattore, di cui Bach tenne sempre conto nello scrivere L'Arte della fuga; s'impose volontariamente e consciamente tale restrizione spesso spiacevole e, per questo, fu pronto ad accettare piccole illogicità.

2. Accorciamenti delle note finali delle frasi per renderle eseguibili
Esempi: Cp 4, misura 88, contralto (vedi misure 90 e 93); misure 94 e 96, basso (vedi la figura con minima finale nelle misure precedenti); misura 116, basso
(semiminime invece di minime). L'unica ragione di i queste inconseguenze sta nell'eseguibilità e nella volontà di evitare scarti eccessivi. Cp 1l, misura 18,
basso: normale sarebbe stata una minima. Si tratta di un'abbreviazione per via di eseguibililtà: la voce di contralto fa-mi-fa può esser suonata solo con la mano sinistra, che per questo deve lasciare il basso. Misura 52, tenore: la ridicolmente breve croma finale è da spiegare solo per necessità tecniche al pianoforte. Una simile prassi pianistica ricorre spesso nelle suites per pianoforte, nel Clavicembalo ben temperato e nelle opere per organo.

3. Aumento dei numero di voci nelle ultime misure
Si tratta dei Cp 5, 6, 7 e 1l. Nella sua musica per complessi Bach non si prende mai la libertà di tali "divisi" momentanei o della prassi di doppia corda. Ciò accade invece diverse volte nella sua musica per pianoforte: p.es. Cbt Il, fughe in do maggiore, re diesis minore, la bemolle maggiore. Si confronti anche la quarta variazione, annotata in partitura, della stampa delle Variazioni canoniche su Dagli alti cieli, dove nell'ultima misura si raddoppia il contralto.

4. Particolarità dello stile di pianoforte
Cp 2, misure 5-6 (e tanti altri luoghi simili in seguito), basso. Le legature sono eseguibili solo da un suonatore, che trova un appoggio ritmico in un'altra voce. Un suonatore di complesso in questo punto ha l'impressione di slogarsi il piede; perciò non lo troveremo mai in musica per complesso. L'Arte della fuga mostra altri luoghi simili in Cp 6, misura 11, tenore, e misure 70-71, tenore, Esempi nella musica per pianoforte: Cl.Üb. III, piccolo "Wir glauben" misure 13-14; Partita in mi minore, sarabanda, misura 15. Cp 4, misure 85-86, tenore: una linea musicale assurda, vergognosa per Bach, qualora avesse voluto proporre ad un musicista una voce così miserevole. Questo luogo va inteso però come composizione per pianoforte, dove la polifonia apparente costituisce uno dei mezzi preferiti per raggiungere morbidezza sonora: soprano e contralto si sentono insieme nel momento in cui spira il suono di cembalo così nella misura 86 si realizza un bell'effetto di eco. Fra le centinaia di esempi analoghi nella letteratura per pianoforte bachiana voglio citare soltanto: Suite francese in re minore, allemanda, misure 34; Sonata in re minore, 2° movimento, misure 101-102 (si confronti la forma primitiva di questa pianistica polifonia apparente nella corrispondente misura della Sonata per violino solo in la minore); Fantasia (e Fuga) in la minore, misura 65; Cbt II, preludio in mi maggiore, misure 39-40 (contralto). Cp 6, misure 40-41 (ibidem 62-63). Accade spesso con gli strumenti da tasto che un pezzo a due voci, con le parti in posizione lata (che si muovono cioè a grande distanza l'una dall'altra) si arricchisca di ulteriori due voci (cfr. per es. Cbt II, fuga in la bemolle maggiore, misure 16-18; 46-47). In esecuzioni di complesso tali luoghi suonano noiosi. Cp 7, misura 58, contralto e tenore: le legature sarebbero innaturali per il musicista di complesso. Tuttavia il contralto, con l'immediatamente seguente secondo soprano, realizza un bel passaggio con le note dell'arpeggio re3 sol diesis3 Si3. Cp 8, misure 16-18, contralto: si tratta di una cattiva condotta delle voci a causa dell'improvvisa trasposizione all'ottava. Dal punto di vista musicale sarebbe stato logico:


La ragione della trasposizione è ancora l'eseguibilità, poiché l'esempio in note qui dato sarebbe impossibile al pianoforte, non però in formazioni di complesso. Si incontra un caso simile nel Ricercar a tre voci dell'Offerta musicale, dove nelle misure 53 e 84 (cfr. misura 69) hanno luogo assurde trasposizioni all'ottava, solo a vantaggio dell'eseguibilità! Normalmente le voci intermedie avrebbero suonato:


e


Anche la fuga incompiuta, che compare nella stampa insieme a L'Arte della fuga rimane ancora da determinare se a ragione o meno - è un'opera per pianoforte: lo dimostrano non solo la notazione a due pentagrammi nell'autografo, ma anche la trasposizione all'ottava nelle misure 186-188, tenore, ne è indice. Questa voce sarebbe stata più logica in un'ottava più alta - ma purtroppo non eseguibile! Quindi Bach cambia l'andamento logico a favore dell'eseguibilità! Quanto gli è importante la prassi e, in questo caso, la prassi di pianoforte! Cp 10, misura 75, basso: trasposizione all'ottava perché altrimenti non toccabile! Strani, affannosi frammenti di motivo, divisi da pause più lunghe - brutti come voci singole, ma nella composizione per pianoforte, che forma un'unità sonora, li troviamo frequentemente (p.es. Cbt I, fuga in si maggiore, misure 13-16 e 32-33, tenore): in Cp 2, misure 40-42, basso; Cp 8, misura 43, basso, e misure 49-52, tenore; Cp 9, misura 80, basso; Cp 11, misure 40-43 e 53-55, tenore. Di nuovo per Bach sta in primo piano l'idea sonora di uno strumento "a più voci". Nelle composizioni per ensemble non si permette mai tali debolezze. Nel Cp 9, misure 114-118, pare aver distribuito, per pura gioia ottica, una lunga e ininterrotta linea di basso su basso e tenore. Si confronti anche Cp 7, misura 60, basso. Il tono naturale dei basso sarebbe stato il re grave. Questa formula cadenzale viene anche confermata dal discepolo di Bach, J.P. Kellner: dopo la prima nota della dominante segue sempre una caduta nella tonica più bassa. Questo però non sarebbe stato possibile al pianoforte; cosi il re grave viene raggiunto soltanto con l'accordo finale. Comparabili sono: Suite inglese in la maggiore, Prelude, misura 16 e fine; Cbt II, preludio in sol minore, fine. Un caso contrario, benché anche esso causato dalla prassi pianistica, si trova nel Cbt I, preludio in la minore, le ultime tre misure. Cp 11, misura 128, soprano. La seconda metà della misura possiede un ritmo, che sbalordisce in Bach (in questa fuga di sicuro); ricorda più l'inizio del XVI secolo che la metà del XVIII. Di nuovo è qui la composizione per pianoforte che forma un'immagine dei tutto diversa: assieme al contralto si sente l'ultimo colpo come un'acciaccatura sol diesis, la, si, avvolta in una "risonanza".

5. L'indicazione "a 2 Clav."nell'edizione originale in Cp 18
Qual è in fondo la ragione per l'esistenza di Cp 18, questa versione di Cp 13, allargata a 4 voci?
Perché porta proprio Cp 18 l'indicazione ,"a 2 Clav."?
Ammesso che L'Arte della fuga sia concepita per complessi, perché mai allora è stato scritto Cp 18? In una concezione per complessi, Cp 13 sarebbe da eseguire con tre strumenti melodici. Perché adesso trascinare insieme perfino due clavicembali per l'esecuzione di un brano che, come fuga, non rappresenta per niente una versione "migliorata" di Cp 13, ma, al contrario, costituisce uno strano pezzo ibrido con una quarta voce, aggiunta senza relazioni contrappuntistiche? Dato che non riceveremo mai una risposta a queste domande, ci dobbiamo chiedere, se non è meglio rinunciare alla nostra ipotesi "complesso". Se consideriamo L'Arte della fuga come opera per pianoforte, è possibile spiegare l'esistenza di Cp 18. L'intenzione di Bach, di presentare ne L'Arte della fuga il sommo dell'arte contrappuntistica, includeva anche la virtuosa fuga a specchio. La natura di una fuga a specchio porta con sé l'impossibilità che sia il rectus sia l'inversus rimangano nell'ambito raggiungibile da due mani. In tutte le altre fughe Bach era padrone di queste limitazioni, ma qui non era assolutamente possibile. Malgrado ciò voleva avere una buona fuga a specchio a tre voci nella "teorica arte della fuga" (Cp 13); nella "pratica arte della fuga", invece, si vide costretto a scrivere una versione apposita, che adesso abbisognava, logicamente, di un secondo strumento dello stesso genere, per il quale compose una quarta voce, cosicché il secondo esecutore non dovette suonare con una mano in tasca. (L'altra fuga a specchio, comprensibilmente anche essa non eseguibile per un solo esecutore, non aveva bisogno di una seconda versione, poiché era sin dall'inizio composta a quattro voci e dunque i due esecutori poterono dividersi fraternamente la loro porzione.) In Cp 18 non appare quindi repentinamente una estranea "nuova" strumentazione, ma una continuazione dello stesso suono tramite l'aggiunta di un secondo strumento. L'unità dell'opera viene rispettata anche dal punto di vista sonoro. L'indicazione "a 2 Clav." è dunque da leggere sottolineando "2".

IV. QUALE STRUMENTO DA TASTO?
Tutti gli esami suddetti portano all'esito, che Bach compose L'Arte della fuga, avendo in mente la pratica eseguibilità su tastiera. Potrebbero essere intesi il clavicembalo, l'organo (in chiesa o in camera) o il clavicordo. In principio - anche per rispetto della tradizione, in questo campo dell'arte da tasto contrappuntistica - sono da prendere in considerazione tutti gli strumenti da tasto contemporanei. Spesso si sarà usato lo strumento che si trovava più vicino per eseguire alcuni brani de L'Arte della fuga per puro piacere. Sono però ben sicuro che Bach, il quale - non sempre ma spesso - distingueva tra clavicembalo ed organo (p.es. nei titoli delle varie parti dei Cl. Üb.), abbia avuto nelle orecchie lo smorzante suono del cembalo, scrivendo L'Arte della fuga. Vorrei toccare i seguenti punti per ulteriori riflessioni.
a) L'estensione dei primi dodici contrappunti rimane nell'interno dell'estensione di organo do1 - do5, nei canoni però l'estensione supera quella dell'organo sisi - re5 (Cp 13 e 18: do1 - mi5).
b) Cp 18 ("a 2 Clav.") esclude già dalla sua estensione l'organo, a prescindere dal fatto che è un po' più facile mettere insieme due cembali che due organi. ("Clavier" è da ritenere, come ci dimostra Bach in Cl. Üb., un nome colletivo per strumenti da tasto, oppure "Clav." sarebbe qui addirittura l'abbreviazione per "clavicembalo").
c) Se l'opera fosse stata ideata per l'organo, la mancanza del pedale (obbligato) è strana. Proprio Bach si era preoccupato dell'uso dei pedale, fatto imbarazzante per i suoi contemporanei, in un modo sconosciuto a quelle regioni della Germania.
d) La composizione densa di tenore grave e basso è insolita per l'organo, per il clavicembalo invece è normale.
e) Un suono smorzante e non statico è sicuramente stato inteso nei punti già discussi come:
- Cp 4, misure 85-86, tenore
- Cp 7, misura 58
- Cp 11, misura 128, soprano
Questa pianistica polifonia apparente raggiunge il suo effetto solo al clavicembalo (o al clavicordo).
f) A chi è in grado di suonare sia organo che clavicembalo, l'opera dà l'impressione di essere nel suo elemento al clavicembalo. Quest'osservazione è naturalmente contestabile. Però vorrei additare alla fuga in si maggiore della seconda parte del Cbt quale modello per un brano che si presenta all'esecutore e all'ascoltatore nello stesso modo di Cp 5 o 10.
g) Visto che al clavicordo non toccava nessun posto nella vita di Bach (del suo lascito facevano parte 5 cembali e nessun clavicordo; era solo Forkel a dare vita alla leggenda del clavicordo), credo che degli strumenti da tasto "smorzanti" con estensione più grande di quattro ottave, il clavicembalo prenda il primo posto tra i canditati per L'Arte della fuga. Non si possono però escludere in assoluto l'organo e il clavicordo, certamente non per una scelta di brani adatti.

Riassunto

l. La notazione in partitura non esclude uno strumento da tasto.
2. Il punto ineseguibile alla fine di Cp 6 non esclude uno strumento da tasto.
3. Punti come Cp 4, misura 35; Cp 5, misure 41, 60; Cp 9, misura 94 non escludono uno strumento da tasto.
4. Le chiavi adoperate escludono un complesso.
5. L'estensione delle voci esclude un complesso.
6. Il tipo di fuga non è quello delle fughe per complessi di Bach.
7. Le voci per sé non hanno una fisionomia così individuale da proporre un certo strumento.
8. Gli incroci di tenore e basso escludono il violino come fondamento a 16 piedi.
9. Tutto è eseguibile con 2 mani.
10. Cambiamenti privi di senso musicale sono stati fatti a favore dell'eseguibilità.
11. L'indicazione "a 2 Clav." è da interpretare sottolineando "2".
12. L'aumento delle voci alla fine di alcune fughe e tipico dello stile pianistico.
13. L'Arte della fuga contiene dei punti di pianistica polifonia apparente.
14. Ancora nel XX secolo L'Arte della fuga è stata ritenuta un'opera per pianoforte.

Gustav Leonhardt (note all'incisione di "Die Kunst der Fuge", 15-20 VI 1969)

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