Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, ottobre 08, 2005

Gustav Leonhardt e L'Arte della Fuga (I)

Durante gli ultimi otto o nove anni della sua vita, Bach si era dedicato sempre di più a difficilissime opere d'arte contrappuntistiche: le Variazioni Goldberg nel 1742, l'Offerta musicale nel 1747, le Variazioni canoniche di "Dagli alti cieli" nel 1747. E nel 1748 prese la decisione di scrivere una grande opera ciclica, che doveva contenere "tutti i tipi di contrappunto e canone su un singolo tema" (necrologia, nella Bibiografia musicale di Mitzler VII, I 1754). Quest'opera poi doveva uscire a stampa, ma Bach non ebbe più modo di vederla.
Le fonti sono le seguenti:
a)L'autografo contiene 15 brani, a cui si aggiungono altri tre fogli sciolti (Cp 14 nella forma definitiva, la fuga a specchio 18 e l'incompiuta fuga 19). Manca Cp 4, come pure i canoni 16 e 17; Cp 10 appare nella più breve forma precedente; del canone 14 esistono due versioni diverse. Il manoscritto pare essere già una bella copia nella forma di partitura, dove sono state inserite più tardi numerose correzioni. Alcuni canoni sono notati in forma non risolta, la fuga incompiuta però su due (non quattro) righi musicali. Il testo musicale, malgrado tutte le correzioni, spesso differisce molto dalla pubblicazione - tranne Cp 10 (variante), 14 (versione definitiva), 18 e 19.
b)La stampa originale (1751 o già 1750; seconda edizione 1752 con introduzione di Marpurg) presenta l'opera in notazione di partitura, i canoni in forma risolta. Probabilmente per sbaglio è stata stampata anche la variazione di Cp 10. Al fine di "risarcire gli amici della sua musa" (Marpurg) per l'abbozzo costituito da Cp 19, veniva aggiunto come conclusione il corale "Wenn wir in höchsten Nöthen", anch'esso scritto in forma di partitura. I primi dodici pezzi sono numerati. Il testo musicale offre, a confronto dell'autografo, sempre delle versioni molto migliori; questo fa supporre che sia esistito un altro autografo, oltre a quello conservato. In ogni modo, coloro che si occuparono della stampa, dopo la morte di Bach, non erano bene a conoscenza delle sue intenzioni e si trovarono probabilmente perplessi di fronte a tutti quei manoscritti postumi: soltanto cosi si riesce a spiegare perché la variazione Cp 10 sia stata stampata in mezzo ai brani 13 e 14. Anche il gran numero di imprecisioni in Cp 18 risale ad un inadeguato controllo della stampa. Sussistendo dei dubbi giustificati sulla validità dell'edizione a stampa, vogliamo inoltrarci qui in un ragionamento, che, seppure si sforza di rispondere alla logica, conserva valore puramente ipotetico.

Prima domanda:
L'opera è veramente incompiuta?
Benché concordi nella supposizione che l'opera sia incompiuta, già poco dopo la pubblicazione sorgono opinioni diverse. Nel 1752 Marpurg scrive nell'introduzione alla seconda edizione: "E' più che deplorevole che, a causa della sua malattia agli occhi, a cui ben presto seguì la morte, Bach non fu in grado di terminare e pubblicare l'opera lui stesso. Fu colto dalla morte proprio nell'elaborazione dell'ultima fuga, mentre scriveva il terzo movimento." Nel necrologio di Bach del 1754, scritto da Agricola e C.Ph.E. Bach, nella Bibioteca Musicale di Mizler, VI, I, troviamo la seguente osservazione: "La sua ultima malattia gli impedì di terminare completamente la penultima fuga, secondo il suo schizzo, e di elaborare l'ultima, che avrebbe dovuto contenere 4 temi e poi essere invertita, nota per nota, in tutte le quattro voci." A queste testimonianze vorrei far seguire un punto interrogativo, poichè sono riferite da persone, che non si trovavano a Lipsia durante gli ultimi due anni di vita di Bach e che quindi ricevettero notizie solo di seconda o terza mano, dopo la sua morte.
In prima linea mi pare poco logico che una grande opera - Bach di sicuro non ha cominciato a scrivere a vanvera - fosse stata stesa in bella copia già due volte in partitura (la seconda volta con il testo in note che conosciamo dalla stampa) e forse persino preparata per la stampa dall'autore stesso (per quanto riguarda i primi dodici pezzi numerati), mentre un brano (o, secondo la necrologia, tre) non era ancora terminato o addirittura non composto affatto.
Se Bach non poté completare la fuga 19 (nella stampa viene chiamata Fuga a 3 Soggetti e non Contrapunctus) - anche la notazione in due pentagrammi indica un primo abbozzo -, ciò significa che egli se ne stava occupando nel periodo immediatamente precedente la sua cecità. A questo si aggiunga che il tema de L'Arte della fuga non appare nel brano: tutti i tre soggetti sono temi di nuova invenzione. Il fatto, scoperto nel secolo XIX, che il tema principale de L'Arte della fuga si adatti agli altri tre temi, può essere senz'altro un caso. Inoltre va esclusa la forma di un'eventuale fuga quadrupla, considerando le tre esposizioni precedenti (ognuna 38 battute più lunga della seguente) e lo stretto dei tre temi - a dispetto di quanto sostengono Tovey, Martin e altri. Così si deve almeno dubitare dell'appartenenza di questa fuga 19 a L'Arte della fuga. L'osservazione fatta nella necrologia, però, non può essere dei tutto inventata. Può darsi che Bach, dopo aver terminato L'Arte della fuga, abbia cominciato tre opere nuove (una fuga tripla e una fuga quadrupla a specchio), di cui riuscì ad elaborare soltanto la prima in parte. L'osservazione "e un altro schema di base", scritta a mano - non autografa - sul retro dell'ultimo foglio di questa fuga, potrebbe esserne un indice. Alla fine ci si può aiutare con il simbolismo dei numeri - non vogliamo inoltrarci troppo in questo campo molto importante ma rischioso - che porta a risultati ben convincenti, se si ritiene l'opera compiuta. Inoltre non sarà un caso che sia il Clavicembalo ben temperato II, sia L'Arte della fuga (senza la fuga incompiuta) contino 2135 battute, ripetizioni comprese.

Seconda domanda:
La successione dei brani nell'edizione stampata è quella voluta da Bach?
La notevole differenza fra la successione dei brani nell'autografo e quella nell'edizione a stampa indurrebbe a dubitare che Bach stesso avesse rinunciato allo schema già stabilito ed imposto alla costruzione una concezione nuova. Ed inoltre, mentre l'autografo è sicuramente di Bach, la stampa lo è solo presuntivamente. A queste considerazioni, tuttavia, si oppongono alcuni dati di fatto:
1) le varianti dei dettagli nell'edizione a stampa sono sempre un miglioramento rispetto all'autografo;
2) alcuni brani di assoluta bellezza (Cp 4, 16, 17) appaiono per la prima volta nella stampa;
3) la numerazione dei primi dodici brani indica un ordine consapevole;
4) la disposizione dei canoni forma sì una "uscita" alla fine, ma solamente dal punto di vista sonoro, e non quanto a perfezione artistica. Infatti i canoni sono contrappuntisticamente molto più complicati delle fughe.
Alla luce di tutto ciò, si tende ad ipotizzare un cambiamento dello schema di massima, fatto da Bach nel perduto "secondo manoscritto", e si accetta anche il valore dell'edizione a stampa, che - almeno nei primi dodici pezzi - dovrebbe essersi basata sull'autografo.
Risponde a logica il fatto che nell'edizione la forma "pratica" della fuga a specchio 13 (Cp 18) sia stata collocata alla fine, quasi come un'appendice. Eseguendo l'opera, la si suonerà invece al posto della no.13 (vedine le annotazioni più tardi III, 5). Il fatto che nella fuga a specchio 12, ancora numerata, sia stato stampato dapprima l'inversus e poi il rectus, offre, a mio avviso, un'ulteriore testimonianza di senso musicale: infatti quest'ultima versione ha valore di chiusa. Non è invece coerente la sequenza in cui sono stampate le fughe a specchio non numerate: Cp 13 prima rectus e poi inversus; Cp 18 prima inversus e poi rectus. La prima soluzione è più chiara dal punto di vista musicale. La successione dei canoni nella stampa non richiede, secondo me, alcun cambiamento.
In questa incisione ci si allontana, forse a torto, dalla successione dell'edizione originale per quanto riguarda il collocamento della quarta fuga. La ragione risiede nel convincimento, che all'equilibrata prima fuga deve giustamente seguire un'equilibrata fuga inversa, sempre sopra il tema del rectus, invece di una fuga puntata di carattere vivace, a cui dovrebbe succedere una fuga inversa, leggermente appassionata dal cromatismo. Nell'autografo, alla prima fuga segue subito la fuga rivoltata 3 (nella nostra registrazione la fuga rivoltata 4, che nel manoscritto non compare). Anche considerazioni di simbolismo numerico possono giustificare questo spostamento.
In conclusione: a mio avviso L'Arte della fuga è stata portata a compimento da Bach; la Fuga a 3 Soggetti (Cp 19) e il corale - due opere iniziate più tardi - non hanno niente a che fare con l'opera; l'edizione a stampa si avvicina molto alle intenzioni di Bach, sia nel testo sia probabilmente nella successione.

Gustav Leonhardt (note all'incisione di "Die Kunst der Fuge", 15-20 VI 1969)

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