Johann Sebastian Bach |
Durante un certo tempo Sebastiano ebbe allievo un giovane proveniente dall'Italia, Paolo Cavatini, che a tutta prima mi parve uno strano e turbolento ragazzo. A differenza dei nostri saldi tedeschi, egli era cupo, grave, scontroso e geloso, ma molto intelligente, a quanto ne pensava Sebastiano; era da poco tempo con noi quando cominciò a dimostrare un'appassionata devozione pel suo Maestro, lontano dal quale non pareva potesse trovare felicità, e che seguiva dovunque coi suoi grandi e neri occhi melanconici. Era terribilmente geloso degli altri allievi, e dichiarava con passione che «le loro tarde intelligenze di Sassoni» non avrebbero potuto nemmeno lontanamente apprezzare un genio divino come quello di Sebastiano. Se per qualche ragione Sebastiano non era soddisfatto del suo lavoro, egli si buttava al suolo e piangeva come un bambino imbizzito o malmenato. Eravamo tutti piuttosto disorientati da lui, ed a me specialmente con quel suo fare appassionato ed eccitabile egli incuteva un certo spavento, ma Sebastiano pareva comprenderlo meglio di noi tutti (Friedmann lo odiava apertamente) ed era molto paziente con lui. Diceva e faceva le più strane cose. Un giorno si precipitò nella camera con l'aria ancor più eccitata del solito, e si buttò lungo disteso sul tappeto fissandomi come un pazzo. Io me ne stavo seduta vicino al tavolo col mio cestino da lavoro. «Eccoti lì seduta a cucire e a rammendare», gridò, «e non sai neppure che tuo marito ci ha suonato della musica dinanzi alla quale i cori celesti debbono chinare. il capo? Lo ami tu? e lo comprendi forse? Ma quale donna lo potrebbe? Rammendare i suoi vestiti e cucinargli il pranzo, ecco quanto di meglio puoi fare per lui». Mi sentivo un poco irritata ma non troppo perché il ragazzo sembrava fuor di senno. «Paolo», dissi, «le tue osservazioni non sono molto rispettose per la moglie del tuo maestro; ma ti voglio dire che lo amo e forse lo comprendo meglio di quanto tu credi». «Perdonami», rispose lui con aria desolata, «non so ciò che mi dica; quella musica mi commuove al punto da farmi perdere la ragione e io amo il mio maestro fino a soffrirne».
A quelle parole mi sentii presa da un subitaneo impulso, e chinatami su di lui, lo baciai sul capo ricciuto. «So quel che tu senti, Paolo», gli dissi, e da quell'istante fummo amici.
Non rimase a lungo con noi dopo quella piccola scena; di lì a poco, venuto l'inverno, prese un raffreddore e morì. Purtroppo si capiva che non era fatto per questa vita, tanto era appassionato, eccitabile e squilibrato; ma si fece così buono, così paziente, nei brevi giorni della malattia. Sebastiano rimase profondamente colpito dalla sua morte. Nei giorni della malattia per stargli vicino aveva abbandonato tutto il suo lavoro, tranne le composizioni e le partiture che recava seco al letto del morente e scriveva tenendo il foglio sulle ginocchia; oppure sedeva tenendo nella sua una mano di Paolo, con gli occhi neri di lui fissi nei suoi. « Sono più felice di quanto non sia stato mai », mi disse un giorno Paolo, accogliendomi con un bellissimo sorriso mentre entravo in camera con un infuso; lo trovai che stringeva nella sua mano affilata quella di Sebastiano, raggiante in viso, con un'espressione che mai gli avevo veduta. Quando morì aveva appena incominciato a comporre sul serio, e Sebastiano aveva una sì alta opinione del suo lavoro, che mi disse: «Temo assai che abbiamo perduto un altro Scarlatti; quel ragazzo era pieno di genio e ciò spiega perché fosse infelice in questo mondo».
da "Piccola cronaca di Anna Magdalena Bach".
3 commenti:
Bellissimo racconto. Grazie
Raro, ma coinvolgente e significativo...
Grazie
Paolo Cavatini ist mein Lieblingskomponist. Bitte schreiben Sie mir, wenn Sie etwas über ihn erfahren. Viele Grüße, Martin http://armoniac.blogspot.de/
Paolo Cavatini è il mio compositore preferito. Si prega di scrivere a me se si sa niente di lui. Cordiali saluti, Martin
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