Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

giovedì, agosto 11, 2005

Matthäus Passion

"Allorché ebbe inizio nella Thomaskirche quella musica di teatro, tutti si guardarono, manifestando il più grande imbarazzo e si chiesero costernati dove mai, dove mai si sarebbe andati a finire."
 
Così, molti anni dopo, scriveva il Gerber, sintetizzando in poche parole l'impressione superficiale che suscitò l'esecuzione della Passione secondo San Matteo di Johann Sebastian Bach il 14 aprile 1729 nella Chiesa dì San Tommaso a Lipsia.
Di chi la colpa? Non sembra difficile individuarlo. L'apparizione dei grandi capolavori ha sempre sconcertato i mediocri e perfino i sapienti. La storia della musica è ricca tanto di fallimenti come di trionfi. La folgorazione dei genio è troppo al di sopra e al di fuori dei calcoli umani da permetterne una ricezione quasi automatica. Ne consegue che i comuni mortali o non l'avvertono per incapacità di assimilazione o la rifiutano per l'innata allergia alle novità che, ieri come oggi, divide scioccamente gli uomini fra progressisti e conservatori. Stando alle cronache pare purtroppo che nei confronti della Passione secondo San Matteo i progressisti non siano esistiti se ci vollero cent'anni per riportarla in quota.
Un'altra ragione, non meno valida, sta sicuramente nell'abítudine di presentare opere di grande respiro con troppa approssimazione. Si pensi che Bach doveva provvedere ad un servizio liturgico piuttosto pesante: ogni domenica una Cantata nuova con tutto il resto. Molte Cantate di Bach sono di difficile esecuzione. Si arrivava alla vigilia con le parti ancora da correggere e gli esecutori di cui disponeva non erano certo di prima qualità. Ciò può spiegare il fallimento dell'esecuzione di quel memorabile 14 aprile 1729 e le conseguenti rimostranze di Bach che col Memoriale dell'agosto 1730 denuncia una situazione di disagio ormai insopportabile: «Attualmente, fra gli allievi interni, 17 sono degli incapaci... ». Pare anche che la pedagogia del Kantor non fosse di altissima classe: è Wagner a riferire le lamentele di un cantore della Thomaskirche che ricorda: «Prima noicantavamo in modo orrendo epofluicíriempíva dibotte... ».

«Nel 1726 - quando Bach era già a Lipsia - un certo Joachim Meyer, dottore in legge e professore di musica a Gottinga, scrisse contro la musica sacra drammatica un suo libretto in cui faceva un'aspra critica del nuovo genere di cantate e di passioni. Subito ne seguì una polemica accanita come quella che era sorta trent'anni prima a proposito della rappresentazione dei drammi biblici. Gli argomenti fatti valere di rimando dai sostenitori della musica nuova si trovano tutti nel Musikalischer Patriot di Mattheson (1728): «Perché - egli si chiede - la musica nuova trova avversari? Soprattutto perché non ha mai quella buona esecuzione che le sarebbe indispensabile. I cori di chiesa nelle condizioni in cui si trovano ancor oggi, potevano forse bastare per la musica antica; ma come si possono far cantare a dei solisti, che da questi cori provengono, le grandi arie moderne?». E prosegue facendone una divertente descrizione: «Un soprano che canta come una vecchia sdentata, un contralto sfiatato, un tenore dall'ugola che sembra quella di un asino, un basso le cui note gravi danno l'impressione di un calabrone chiuso in una scarpa, e quelle alte ricordano il ruggito di un leone indiano... ». Si diano alla musica nuova gli elementi di cui ha bisogno, se si vuol giudicare del suo vero valore». (A.Schweitzer, J.S.Bach, "Il musicista poeta")

Non va infine dimenticato che dai contemporanei Bach non era ritenuto altro che un ottimo organista e le sue magiche composizioni suscitarono solo critiche negative.
Tutto questo può spiegare il crollo di quel monumento che per noi oggi è semplicemente un miracolo e di fronte al quale è di obbligo la stupefazione più commossa, senza riserve. Fiumi di parole sono state scritte per la San Matteo da quando il giovane Mendelssohn la rimise in luce: critici e ipercritici hanno detto tutto quello che si poteva dire, milioni di ascoltatori ne hanno recepito il grandioso messaggio di fede; folle sempre più attente vi si accostano ancora come a un mistero di smisurata profondità. La grande composizione è quindi ormai acquisita alla coscienza musicale dell'universo. Non resta quindi che lasciarla così com'è e riascoltarla il più spesso possibile in modo da penetrarne il profondo contenuto musicale e religioso che la permea, in un contesto generale molto più vasto che è l'anima di tutta la musica sacra di Bach: la gloria di Dio, soli Deo gloria.

Padre Pellegrino Santucci

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